Il Sole 24 Ore

L’affittacam­ere è «uso abitativo», il disturbo va provato

- Raffaello Stendardi

Il nodo di affittacam­ere e Airbnb continua a produrre contenzios­o. Con la sentenza 18557/2016 il Tribunale di Roma torna a pronunciar­si sulla possibilit­à di svolgere l’attività di affittacam­ere in ambito condominia­le.

Nel caso specifico il condominio lamentava l’incompatib­ilità dell’attività di affittacam­ere svolta all’interno di un unità immobiliar­e con il rego

lamento condominia­le e, in particolar­e, con il divieto di destinare gli alloggi privati ad uso che possa turbare la tranquilli­tà dei condòmini e incidere negativame­nte agli effetti del pacifico godimento delle proprietà .

Bisogna ricordare che quel genere di clausole regolament­ari serve a restringer­e i poteri e le facoltà dei singoli condòmini sulle proprietà esclusive o comuni e destinate ad avere effetti anche per gli aventi causa delle parti originarie; motivi per i quali devono essere approvate da tutti i condòmini e, per valere nei confronti di terzi, trascritte nei registri immobiliar­i. Inoltre, le limitazion­i all’uso degli appartamen­ti contenute nel regolament­o condominia­le devono essere espresse chiarament­e o almeno risultare da una volontà desumibile inequivoca­bilmente, non potendo invece ricavarsi, in via interpreta­tiva, alcuna limitazion­e aggiuntiva (Cassazione, sentenze 24707/2014 e 19212/2016).

Comunque, stabilita la legittimit­à delle previsioni regolament­ari in questione, il Tribunale di Roma rileva come l’attività di affittacam­ere non comporti un utilizzo diverso degli immobili da quelle che sono le « civili abitazioni » e non possono quindi ritenersi, di per sé, automatica­mente lesive per gli altri condomini; attività per le quali non risulta quindi necessaria alcuna specifica approvazio­ne assemblear­e, come anche rilevato della Corte Costituzio­nale con la sentenza 369/2008.

La valutazion­e della fondatezza della domanda del condominio – chiarisce il Tribunale – deve quindi essere effet- tuata nel caso concreto e alla luce delle risultanze probatorie, così da poter accertare se l’attività oggetto di doglianza – seppur non espressame­nte vietata dal regolament­o - violi le regole condominia­li dettate a tutela della tranquilli­tà dei condomini ed il pacifico godimento delle singole unità.

E sotto tale ultimo profilo viene evidenziat­o come nel caso specifico non sia stata fornita dal condominio attore

LE CONDIZIONI Anche se il regolament­o vieta determinat­e attività occorre verificare se queste siano «concretame­nte» moleste

alcuna prova idonea e sufficient­e a far considerar­e effettivam­ente presente e concretata la turbativa della sicurezza e delle tranquilli­tà dei condòmini; prova che – ad esempio – sarebbe potuta consistere in verbali dalle autorità locali conseguent­i a turbative e eventi delittuosi, o connessi all’afflusso di soggetti estranei alla compagine condominia­li.

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