Spesa corrente, nel 2017 calo soft Poi giù di 0,9 punti di Pil
pU n calo della spesa corrente primaria, al netto degli interessi e dei contributi complessivi agli investimenti, contenuto in un 0,3% del Pil tra il 2016 e il 2017. Che considerando anche il peso della variabile “debito” fa salire la forbice a quota 0,5 per cento. A mostrare un cammino non proprio ultraveloce nel percorso di riduzione delle uscite dello Stato è, almeno per quest’anno, il Def varato la scorsa settimana dal Governo insieme al Pnr e alla manovrina correttiva da 3,4 miliardi.
Proprio il Programma nazionale di riforma evidenzia che, in valore assoluto, a mostrare una sensibile crescita sono i redditi da lavoro dipendente degli “statali” ( per effetto del finanziamento del fondo per i rinnovi contrattuali nel pubblico impiego) e di quasi 1 miliardo per effetto delle misure contenute nell’ultima legge di Bilancio e nel decreto fiscale collegato. Un altro versante caldo è quello della spesa sanitaria, che risulta invariata in rapporto al Pil (6,7%), e in aumento in termini assoluti sempre nel confronto tra il 2017 e il 2016. Nel Pnr si fa anche notare che « la spesa per interessi segna degli aumenti rilevanti nel 2019 e 2020 in ragione del profilo di sviluppo dei tassi di interesse, del peggioramento del fabbisogno - in conseguenza dell’intervento di sostegno al settore bancario adottato nel mese di dicembre 2016 e del termine, nel 2018, del regime di tesoreria unica - e della scadenza nel 2019 di diversi titoli di stato » .
Ma il Documento di economia e finanza mette in evidenza che già nel 2018 il contenimento della spesa dovrebbe viaggiare a una velo- cità sostenuta: -0,9% nel 2018 rispetto all’anno precedente sul versante della uscite “primarie”, i nteressi compresi. Scorporando la variabile dei tassi collegati al debito ci si fermerebbe a quota -0,8 per cento. Nel complesso l’incidenza di tutti i flussi di spesa è stimata dal Governo in calo di 0,5 punti di Pil tra il 2016 (49,6%) e il 2017 (49,1%) per poi scendere ulteriormente al 48,3% nel 2018 e arrivare al 47% nel 2020. Il tutto anche grazie ai nuovi interventi di spending review (la “fase 3”) in cantiere.
Con le prime due fasi della “spending” avviate nell’ultimo triennio sono stati realizzati risparmi per 3,6 miliardi nel 2014, poi saliti a 18miliardi nel 2015 e a 25 miliardi nel 2017. Per quest’anno l’asticella dovrebbe lievitare a quota 29,9 miliardi. Come è noto la quasi totalità di queste risorse sono state utilizzate dal Governo per coprire interventi di riduzione della pressione fiscale o per favorire l’occupazione.
Nel Def Palazzo Chigi e ministero dell’Economia sottolineano che « continua il processo di stabilizzazione della spesa pubblica. « Nel 2016 - si legge nel Documento di economia e finanza - la spesa primaria totale è cresciuta solo lievemente rispetto all’anno precedente (+1%), pertanto l’incidenza sul Pil si è ridotta di 0,7 punti percentuali » . Lo scorso anno le uscite correnti “primarie” sono aumentate dell’1,7%,mantenendo i nvariata l’incidenza sul Pil nel confronto con il 2015 ( 42,2%). Una crescita dovuta al passo sostenuto delle prestazioni sociali in natura e in denaro, quelle strettamente legate al welfare (rispettivamente + 1,7% e + 1,3%) e dai redditi dei dipendenti pubblici (+ 1,3%).