Il Sole 24 Ore

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civolando giù dal Vulture per deserti campi, la bici che freme di solitudine e ansia da foratura sull’onda di colline che seguono a colline che precedono altre e indetermin­ate colline, finché laggiù qualcosa succede, e nel vespro sulla faccia a contropelo ecco che sbarluccic­ano lontane lontane le perline del mare di Metaponto, e adesso le colline si fanno risacca e la risacca si dilegua nella piana.

La strada è diritta, un po’ all’americana nella sua dirittura da stati centrali, la linea mezzana così ostinata nel tratteggio da indurre in ipnosi, e mi ci sarei assopito e poi disfatto seguendo quel perentorio comando all’abbandono se non mi avessero tratto in salvo le ferule.

Rizzate, diritte anche loro, in posizione di allerta al bordo della strada, le grandi teste fiorite indorate, infuocate dalla luce radente, impudenti e fiere di essere le creature più in vista per tutto l’orizzonte, inquietant­i per come sono vistose, sediziosi colonnelli tropicali in tenuta di gala, se non sai un po’ di miti greci saresti portato a pensare che una radiazione atomica ha generato dal

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