Pd, Renzi prepara le mosse sulla legge elettorale
Ma l’ex sindaco di Milano difende D’Alema e dice no al listone: coalizione o lista extra-Pd
Dopo le primarie Pd, Renzi guarda a Pisapia e prepara le mosse sulla legge elettorale: sistema tedesco con Fi o Legalicum con il M5s . Ma l’ex sindaco di Milano difende D’Alema e dice no al listone.
Alitalia, legge elettorale, la messa a punto della prossima legge di bilancio. Con una direttrice da dopo primarie: ora l’agenda del governo Gentiloni sostenuto dal Pd la detta il Pd e non «i tecnici». Matteo Renzi - mentre i dati definitivi relativi ad affluenza e percentuali dei candidati alla primarie non sono pronti, con relativo strascico di polemiche da parte dei due sconfitti Andrea Orlando e Michele Emiliano - pensa già alle prossime mosse e prepara la proposta che sottoporrà al Pd e al Paese durante l’assemblea di domenica prossima che ufficializzerà i risultati del congres- so. E in quella sede dovrebbe arrivare anche una proposta del partito sulla legge elettorale, o almeno uno schema di lavoro: o accordo con Forza Italia attorno al cosiddetto modello tedesco (50% collegi uninonimali e 50% proporzionale con soglia di sbarramento al 5%) oppure accordo con il M5s sulla linea dell’armonizzazione dei due sistemi esistenti partendo dall’Italicum sopravvissuto alla Camera (dunque un proporzionale con premio di maggioranza alla lista che superi il 40%, soglia che potrebbe anche abbassarsi al 37 o 35% come proposto dal vicepresidente grillino della Camera Luigi Di Maio). In attesa della “consacrazione” ufficiale del nuovo segretario del Pd anche la Camera prende ancora tempo: oggi il Pd, d’accordo con Fi, chiederà un rinvio in commissione Affari costituzionali. Qualche giorno in più, insomma, per presentare il testo base.
L’intenzione di Renzi è dimostrare - al capo dello Stato Sergio Mattarella in primis, natural- mente - che il Pd, anche se la sua proposta di un ritorno al Mattarellum non ha i numeri in Parlamento, si attiva per trovare un accordo attorno a un sistema alternativo che coniughi rappresentanza e governabilità e che uniformi le due leggi lasciate in piedi dalla Consulta per la Camera e il Senato. Che poi dietro al lavoro che il Pd ha già avviato alla Camera con il capogruppo Ettore Rosato ci sia una reale convinzione di poter centrare l’obiettivo è un altro discorso. Renzi è non da oggi convinto che questo Parlamento assomiglia sempre più a una palude, con piccoli e sempre più numerosi gruppi, e che introdurre in Aule siffatte una riforma della legge elettorale significa semplicemente non uscirne più. Se anche dovesse passare alla Camera, tale riforma si impantanerebbe in Senato dove alfaniani e scissionisti di Mdp, ostili all’innalzamento della soglia di sbarramento al 5%, hanno un peso ben maggiore. E dove il Pd non ha la maggioranza né con un forno (i grillini) né con un altro (i forzisti). Ma il tentativo va fatto. Per togliere tutti gli alibi.
Una certa preoccupazione in casa renziana c’è piuttosto a proposito dell’ex sindaco Giuliano Pisapia e del suo progetto di riunire il centrosinistra attorno a un nuovo Ulivo. E anche per questo l’ipotesi di andare alle elezioni in autunno senza attendere un anno non è del tutto tramontata. Ieri Pisapia ha ribadito la sua posizione di chiusura rispetto al Pd renziano a vocazione maggioritaria (diversa la posizione di Orlando ed Emiliano, favorevoli alla coalizione): «Se il Pd dice no al premio di coalizione facciamo un centrosinistra alternativo. E non accettiamo veti su D’Alema». Eppure Renzi resta convinto di poter recuperare Pisapia isolando gli scissionisti. «Io apro al civismo. Al volontariato. Al terzo settore. Ai sindaci», è il ragionamento del leader Pd. «Chi è più credibile a farlo, noi o D’Alema che a Milano ha preso il 3%?».
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