Il Sole 24 Ore

Quel progetto per la prima banca islamica tricolore

Dietro la cord ata De Bustis per Carismi c’è il gruppo Bci per aprire filiali dedicate

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La banca islamica è cosa ben diversa dalla filiale ad hoc per stranieri che qualche istituto di credito ha aperto in questi anni lungo la Penisola. Alla contabilit­à bancaria convenzion­ale occorre anche affiancarn­e una che rispetti la Sharia. Il flusso di denaro all’interno dei conti e delle attività della banca deve quindi essere virtualmen­te separato: i soldi portati allo sportello dal fedele non devono rischiare di essere impiegati per attività finanziari­e che non seguano i dettami del Corano.

Un progetto di tal portata in Italia lo sta portando avanti il gruppo Bci Holding, realtà che oggi ha il suo core busi- ness nell’attività di merchant banking. Negli scorsi anni c’era stato il tentativo di acquisire la Banca Agci (legata al mondo delle cooperativ­e e attiva con solo tre filiali a Roma, Bologna e Torino) che a inizio 2017 è confluita nella Banca di Cambiano (ex Bcc). Lo stesso gruppo Bci adesso fa parte della cordata guidata da Vincenzo De Bustis, ex ad di Mps e Deutsche Bank, che ha presentato una delle offerte al vaglio di Bankitalia per ricapitali­zzare Carismi. «Nel piano industrial­e - conferma Massimilia­no Salerno, ad del gruppo Bci - la nostra partecipaz­ione è mirata all’apertura di una o più filiali a Torino dedicate alla finanza islamica. Da anni ci avvaliamo della consulenza del professore Paolo Pietro Biancone, docente di Finanza Islamica presso l’Università degli Studi di Torino. L’idea non è quella di creare una banca esclusivam­ente islamica, ma una divisione con personale specializz­ato, promotori finanziari e agenti as- sicurativi, dedicata ai prodotti che rispettino i principi della Sharia. Il risparmio dei soli musulmani presenti in Italia è stimato in circa 6 miliardi di euro e l’inseriment­o di un comparto bancario dedicato, altamente specializz­ato, può essere una grandissim­a opportunit­à per il rilancio della nuova banca».

La via dell’acquisizio­ne di una banca già preesisten­te è meno problemati­ca rispetto all’apertura exnovo di una banca islamica. «E se non dovesse andare in porto Carismi - prosegue Salerno- siamo attenti anche agli sviluppi delle banche venete in difficoltà e su Banca Intermobil­iare. Il progetto in qualche modo si farà. Quella islamica è una finanza partecipat­iva molto affine alla nostra finanza etica. L’esperienza inglese insegna che questi prodotti finanziari sono ben visti anche da investitor­i non musulmani. ».

Il Regno Unito è stato il primo Paese europeo nel 2014 ad emettere un sukuk sovrano.

Da anni Oltremanic­a è stato creato un ambiente legale e fiscale favorevole ad accomodare le esigenze della finanza islamica, ben accordando­si alla Sharja. Il governo inglese avviò, già dal 2003, una serie di attività finanziari­e volte a rimuovere le cosiddette Tax Barriers, che rendevano i prodotti islamici, largamente intesi, meno competitiv­i rispetto alle relative contropart­i convenzion­ali - occidental­i: le riforme introdusse­ro cambiament­i volti a garantire un mercato attraente per i capitali mediorient­ali.

Come è stata accolta negli anni quest’apertura del governo inglese?

Molti i nvestitori mediorient­ali hanno individuat­o nel Regno Unito e nella finanza islamica qui concretizz­ata, la combinazio­ne ideale per accedere al mercato europeo: le istituzion­i finanziari­e londinesi potevano godere della direttiva del Passportin­g ed “esportare” prodotti e servizi finanziari Shariah-compliant nei Paese dell’Ue. Inoltre gran parte del patrimonio immobiliar­e della City appartiene, a oggi, a investitor­i arabi e del sud est asiatico, molti dei quali compliant con la finanza islamica.

E con la Brexit?

È presto per tirarne le somme ma l’uscita dell’Uk dalla Ue parrebbe

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