Presidi, la «dirigenza» non entra in busta paga
Dal 2001 si scrive «dirigente» (non più direttore didattico) ma dopo 16 anni di autonomia e riforme dell’istruzione si legge oggi in vari modi «manager di organici in media di 144 dipendenti, reggente di almeno 5/6 plessi l’anno, molteplici responsabilità, stipendi al palo». Parliamo dei 7.273 presidi italiani in servizio che mandano avanti oltre 8mila istituti, e che in questi giorni hanno deciso di farsi sentire “sbattendo i pugni” sulle scrivanie: l’Anp, il principale sindacato di categoria, scenderà in piazza il 25 maggio (dinnanzi Miur e Parlamento); ma anche le altre sigle hanno proclamato lo stato d’agitazione, in alcuni casi arrivando a minacciare scioperi della fame. Le motivazioni della protesta sono tre: l’attuale trattamento economico, le maggiori responsabilità via via acquisite con le nuove leggi, il carico di lavoro per gestire una singola scuola (che oggi ha raggiunto le dimensioni di una media azienda).
«Ancora adesso lo stipendio di un dirigente scolastico è differente a seconda dell’avvenuta promozione - raccontano Giorgio Rembado e Licia Cianfriglia, rispettivamente presidente e numero due dell’Anp - con gli ex “direttivi” prima del 2001 che hanno la Ria (la Retribuzione individuale di anzianità), i presidi post 2001 che non ce l’hanno, e gli ex incaricati a cui invece è stato riconosciuto un assegno ad personam di importo variabile».
La perequazione interna non è mai avvenuta.
Adesso poi, con la riforma Madia l’«Area V» non esiste più. È nato il nuovo comparto di contrattazione «Scuola, università e ricerca». Un unico “contenitore”, al cui interno però ci sono tante differenze. A partire dalle buste paga. È sufficiente confrontare, come ha fatto l’Anp, le retribuzioni tra gli analoghi dirigenti amministrativi di università e enti di ricerca. Ebbene, lo stipendio di un preside non arriva a 60mila euro l’anno (lordo dipendente). Un collega del Cnr ne guadagna 95mila, così come un dirigente amministrativo dell’Ispra, con una differenza, quindi, di oltre 35milaeuro,asvantaggiodell’excapod’istituto.Sisalea43miladi“gap” se il confronto avviene con un dirigente amministrativo dell’ateneo di Bologna, e si arriva a meno 44mila euro se il metro di paragone è un dirigente amministrativo dell’università di Torino.
La voce “tabellare” è più o me- no fissa tra tutti i dirigenti. A fare la differenza sono, da un lato, la parte variabile della retribuzione di posizione, che pesa circa 30mila euro nel mondo della ricerca e dell’università e si ferma a 9.300 euro per i dirigenti scolastici; e, dall’altra, la retribuzione di risultato che da 12-16mila scende, per i presidi, ad appena 1.600 euro (peraltro, è su questi 1.600 euro annui che si sta giocando la partita della valutazione, che solo per quest’anno viene sganciata dal trattamento economico - dai 1.600 euro, appunto, che a dicembre continueranno a essere distribuiti a tutti nonostante la “pagella”).
Per gli ex capi d’istituto una busta paga così bassa non è in linea con le accresciute responsabilità, che adesso spaziano dalla sicurezza alla rappresentanza legale della scuola; dalla titolarità delle relazioni sindacali («si tratta dell’unica dirigenza non generale investita di tali funzioni», aggiungono dall’Anp) all’altissima esposizione sociale veicolata dai numeri tipici delle scuole (in media mille studenti con mille famiglie). Fino ad arrivare ai compiti introdotti dalla legge 107, tra questi l’attribuzione ai docenti di una indennità premiale e l’individuazione dei prof da assegnare alle singole sedi («chiamata per competenze»), che, seppur “ammorbidita” con il coinvolgimentodeicollegidocenti nella definizione dei criteri, resta una prerogativa dirigenziale.
Il terzo tasto dolente sono le “reggenze”. Il nuovo concorso doveva arrivare nel 2015. La ministra, Valeria Fedeli, ha garantito il bando “entro l’estate”. Dovrebbero essere messi a concorso almeno 1.500 posti (serve l’ok del Mef). «Sono comunque pochi - ribattono Rembado e Cianfriglia -. Quest’anno ci sono 1.133 istituti, compresi i sottodimensionati, finiti a reggenza. E a settembre ci saranno altri 450 pensionamenti. Il nuovo annosiapriràconunistitutosucinque affidato a un preside in affitto».
IL GAP RETRIBUTIVO Lo stipendio di un preside non arriva a 60mila euro l’anno (lordo dipendente). Un collega del Cnr ne guadagna 95mila