Gli hacker avvelenano le elezioni
Migliaia di email rubate alla campagna di Macron, favorito su Le Pen 62% a 38%
pU na campagna elettorale al veleno. Fino allo scadere del tempo regolamentare. E anche oltre.
L’ultimo giallo delle presidenziali francesi inizia appena prima della mezzanotte di venerdì. Appena prima che scattino le 24 ore di assoluto silenzio – da parte di tutti, politici e media – della vigilia del ballottaggio di oggi. Alle 23.41 il numero due del Front National, Florian Philippot, scrive sul suo account Twitter: «I #macronleaks ci sveleranno cose che il giornalismo investigativo ha volutamente insabbiato? Spaventoso, questo naufragio democratico».
Un quarto d’ora più tardi, alle 23.56, un comunicato di “En Marche!”, il movimento di Emmanuel Macron, chiarisce di cosa si tratta: «Siamo stati vittime di un’azione di pirateria massiccia e coordinata, che si è tradotta questa sera in una diffusione sui social network di informazioni interne di varia natura - mail, documenti contabili, contratti – ottenute attraverso l’hackeraggio, nelle scorse settimane, di account mail personali e professionali di numerosi dirigenti del movimento. Chi fa circolare queste informazioni, mescola documenti autentici ad altri falsi, per creare disinformazione. Si tratta di un’operazione inedita in una campagna elettorale francese e di un tentativo evidente di destabilizzazione democratica, come già si è visto negli Stati Uniti durante l’ultima campagna elettorale».
“En Marche!” si rivolge immediatamente alla Commissione nazionale di controllo della campagna presidenziale. Che ieri mattina ha invitato tutti i media francesi a non rilanciare queste informazioni. Una sollecitazione quasi superflua, visto che ieri – in base alla legge elettorale – i media francesi non potevano comunque parlare di nulla che fosse suscettibile di influenzare l’elezione. Una situazione peraltro surreale, visto che al silenzio dei media francesi ha fatto da contraltare la pubblicazione delle notizie su tutti i media del mondo.
Una ricostruzione della vicenda ha consentito di ripercorrere la strada dei #macronleaks. Il primo a darne conto, e a battezzarli, è stato Jack Posobiec, vicino agli ambienti dell’estrema destra americana – sostenitore di Marine Le Pen e molto attivo nel cercare di discreditare Macron – indirizzando i suoi follower verso il forum americano 4chan, anch’esso largamente utilizzato dall’estrema destra statunitense e dagli ultrà pro-Donald Trump. Ma il vero “salto di qualità” c’è stato con il rilancio sull’account Twitter di WikiLeaks. Peraltro accompagnato da un messaggio in cui ipotizza che si tratti di una “burla” di 4chan e avverte che sta comunque esaminando i documenti per capire se sono autentici (cosa che sostanzialmente conferma nella notte) o meno.
Probabilmente non ci sarà alcun impatto sull’esito del voto di oggi che pare scontato, con Macron avanti nei sondaggi di 12 punti, 62 a 38. Perché la grandissima maggioranza degli elettori non consulta gli account coinvolti e perché la mole dei documenti è tale (migliaia, circa 10 giga) che la consultazione e quindi la verifica dell’autenticità richiedono tempi più lunghi. Ma certo è inquietante. Anche perché ricorda appunto quanto è accaduto durante la campagna elettorale americana, con i pirataggi legati ad hacker russi (in parte, secon- do il “New York Times”, gli stessi che hanno agito in Francia).
Non si tratta inoltre della prima operazione di pirataggio nei confronti di “En Marche!” e del primo tentativo di destabilizzazione di Macron. Il 25 aprile, la società specializzata giapponese Trend Micro, intervenuta dopo alcuni attacchi informatici al movimento, aveva chiarito che all’origine c’era un gruppo di hacker russi (Pawn Storm, alias Fancy Bear o APT28), legati in qualche modo al Cremlino e le cui tracce erano già state trovate negli attacchi al partito democratico americano.
E mercoledì sera, poco prima dell’inizio del dibattito televisivo tra i due candidati, sempre su 4chan avevano iniziato a circolare documenti falsi su un presunto sistema di conti offshore organizzato da Macron per evadere il fisco. “Informazioni” che avevano spinto la Le Pen – alla fine del confronto, nella disattenzione pressoché generale – a rivolgersi a Macron dicendogli: «Speriamo che nei prossimi giorni non si scopra che Lei ha un conto offshore alle Bahamas».
Se non ci saranno conseguenze sul voto, è però immaginabile quel che può accadere a partire da domani. Con la diffusione di migliaia di documenti – alcuni falsi o molti altri frammentari – e di scambi via mail, spesso di carattere privato.