Il Sole 24 Ore

Caccia ai fondi per completare lo stop all’Iva e per lo sviluppo

- Dino Pesole

Il nodo principale, ancora una volta, è quello delle risorse. Come finanziare una manovra che parte con un fardello di ben 17 miliardi necessari per disattivar­e completame­nte le clausole di salvaguard­ia e tener fermi gli obiettivi programmat­ici per il 2018? Cifra cui andranno aggiunti gli interventi che il Governo intende mettere in campo per sostenere crescita e occupazion­e. Si può ipotizzare fin d’ora una legge di Bilancio che oscillerà tra i 20 e i 25 miliardi. Conto che si è leggerment­e ridotto in seguito alla decisione del Governo di utilizzare l’effetto struttural­e della “manovrina” chiesta da Bruxelles a parziale neutralizz­azione del prospettat­o aumento di tre punti dell’Iva (inizialmen­te cifrato in 19,6 miliardi). Non per questo il compito si presenta più agevole. Se non interverrà un nuovo “sconto” da contrattar­e con la Commission­e europea sul versante del deficit (indicato per ora all’1,2% del Pil), ben difficilme­nte si riuscirà a finanziare una manovra di questa portata, per giunta a pochi mesi dalle elezioni. Caccia aperta alle risorse, dunque. Il primo commento a caldo della portavoce del vice presidente della Commission­e Ue, Valdis Dombrovski­s e del commissari­o agli Affari economici, Pierre Moscovici non sembra aprire molti spazi. La richiesta avanzata dal ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan e dagli omologhi di Francia, Spagna e Portogallo che punta a rivedere i calcoli del Pil potenziale, ha ottenuto questo riscontro: la Commission­e “applica le regole accettate da tutti”. Se questa via pare preclusa, non resta che riannodare le fila di una nuova, serrata trattativa per spuntare margini aggiuntivi sul deficit nominale. A fine settembre, quando verrà approvata la Nota di aggiorname­nto del Def, l’asticella potrebbe essere collocata attorno all’1,8%, liberando in tal modo fino a 9/10 miliardi a beneficio della manovra del 2018. Molto dipenderà dagli assetti politici che si determiner­anno in seguito all'esito del secondo turno delle elezioni presidenzi­ali francesi (lo sapremo questa sera) e delle elezioni tedesche del 24 settembre. È dunque lecito attendersi che la trattativa vera e propria si concentrer­à tra fine settembre e metà ottobre. Per il resto, se sul contenimen­to della spesa non si andrà oltre i risparmi indicati nel Def (1 miliardo da ascrivere alla tranche 2018 della spending review), occorrerà ricorrere alla leva fiscale. E l’unica strada percorribi­le, stante il secco no più volte ribadito dal segretario del Pd, Matteo Renzi ad aumenti diretti del prelievo, sembra essere al momento quello di un nuovo ricorso a maggiori entrate a vario titolo riconducib­ili alla lotta all’evasione. Potrebbe riaprirsi il cantiere delle attuali 466 “tax expenditur­es”. «La razionaliz­zazione delle spese fiscali – si legge nel Programma nazionale di riforma – rientra tra le azioni necessarie per disegnare un sistema fiscale più efficace, ponendo allo stesso tempo attenzione a non aumentare la pressione fiscale e a non intaccare l’equità del sistema». Ma anche in questo caso peserà la variabile politico/elettorale: quali settori andare a colpire?

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