Corea del Sud al voto La Borsa snobba le tensioni
Favorito il candidato morbido con Pyongyang
Anzitutto, è una bella prova di democrazia: a trent’anni dalla fine della dittatura e dopo alcuni mesi di semi-paralisi istituzionale, la Corea del Sud eleggerà martedì un nuovo presidente dopo la destituzione di Park Geun-hye, oggi in carcere con numerose accuse di corruzione e abuso di potere. A girare per i comizi a Seul, non si coglie alcun senso di pericoli i mminenti: anche se Pyongyang è tornata a elevare minacce di guerra devastante - dopo aver annunciato di aver sventato un presunto complotto della Cia e dell’intelligence sudcoreana per eliminare con armi chimiche il leader Kim Jong Un – l’atmosfera resta festosa, con i candidati che parlano tra cheerleaders, danze e canti popolari ritmati.
A vent’anni dalla crisi asiatica che ebbe da queste parti il suo epicentro, poi, l’economia mostra sorprendenti capacità di resistenza a dispetto del ciclone in stile “Mani Pulite” che ha portato non solo all’impeachment della presidente, ma all’incriminazione di alcuni capi dei grandi conglomerati (a partire da Samsung, il cui leader di fatto Jay Y. Lee è finito in galera). Il turbolento vicino settentrionale minaccia una guerra atomica? L’unico segnale non ordinario è la sospensione – dal 24 aprile, fino almeno al 16 maggio – delle gite offerte ai turisti stranieri verso Panmunjom, proprio sulla linea del confine (ma altri tour verso la zona smilitarizzata continuano).
La Borsa di Seul non ha solo mostrato indifferenza: è salita giovedì scorso (venerdì era chiusa per festività) al suo massimo storico, trainata proprio da Samsung, da tempo in gran spolvero grazie a risultati convincenti e alla pro- messa di una migliore governance. Gli investitori stranieri non vogliono stare alla finestra di un rally legato anche a valutazioni tecniche relativamente basse e a una ripresa economica già in atto e in potenziale accelerazione, una volta che il nuovo presidente vorrà darsi da fare.
Dopo un Pil del primo trimestre migliore delle attese, in aprile l’export ha fatto segnare un balzo del 24%, compensando gli effetti - dal crollo del 40% dei turisti cinesi al -65% mensile delle vendite di Hyundai e Kia in Cina - del semi-boicottaggio economico cinese come rappresaglia per l’installazio- ne del sistema antimissilistico americano Thaad (che Pechino vede come una minaccia alla sua sicurezza).
Vari broker ipotizzano che il Pil crescerà quest’anno attorno al 3%, oltre il 2,6% delle stime ufficiali. I mercati, insomma, non solo non credono alla guerra, ma scontano come effetto positivo la fine del periodo di instabilità politica, anche se dopo nove anni di Governo conservatore pro-business il testimone dovesse passare al centrosinistra.
Il candidato favorito, Moon Jae-in, promette di dare una scrollata ai chaebol e di promuovere una maggiore equità sociale. Non solo: potrebbe rivelarsi un presidente difficile per gli americani, fino forse a rilanciare una politica meno dura verso il Nord, oltre a cercare di ricucire con la Cina. Di sicuro Moon non ha apprezzato l’accelerazione del dispiegamento del Thaad, né le intemperanze verbali di Trump (dall’aggettivo «orribile» per definire l’accordo di libero scambio bilaterale alla richiesta di far pagare a Seul i costi del Thaad).
Non pochi coreani hanno cominciato a vedere nell’ex avvocato dei diritti civili, Moon, l’uomo che difenderà l’orgoglio nazionale. Chi invece – specie l’elettorato anziano – teme che sia troppo fiacco in tema di sicurezza, punta sul rivale conservatore Hong Joonpyo, in rapida salita negli ultimi sondaggi. Terzo incomodo il centrista che guarda a sinistra Ahn Cheol-soo.
Oltre un quarto degli elettori ha votato in anticipo nei due giorni consentiti. È una prima volta in elezioni presidenziali. Il che fa pensare che l’affluenza sarà alta in un Paese che vuole voltare pagina dopo una stagione traumatica di scandali.