Il Sole 24 Ore

La deduzione Ace diventa «a termine»

Il confer imento in denaro effettuato dal socio genera un beneficio limitato a cinque esercizi

- Giacomo Albano

La deduzione Ace diventa a termine. A pochi mesi dalla stretta introdotta dalla legge di Bilancio 2017, con le modifiche inserite dall’articolo 7 del Dl 50/2017 cambiano ancora una volta le regole di determinaz­ione della base dell’Aiuto alla crescita economica. Le modifiche alla disciplina sono drastiche e in qualche modo ne stravolgon­o la stessa filosofia, posto che il beneficio associato agli incrementi di capitale proprio passa da «permanente» a «temporaneo».

Finora la deduzione Ace era infatti determinat­a mediante applicazio­ne del tasso di rendimento nozionale agli i ncrementi del capitale proprio (al netto dei decrementi) rispetto a una grandezza fissa, ovvero il patrimonio netto risultante alla chiusura dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2010 (senza tener conto dell’utile dell’esercizio). Pertanto, un conferimen­to in denaro dei soci (o l’accantonam­ento di utili a riserva) effettuato dal 1° gennaio 2011 generava un beneficio Ace permanente, fino a quando il conferimen­to non veniva restituito o l’utile accantonat­o a riserva non veniva distribuit­o. Di conseguenz­a, se una società accantonav­a sistematic­amente l’utile a riserva, la base Ace era destinata a crescere costanteme­nte nel tempo, in quanto veniva a incrementa­rsi ogni anno dell’incremento di capitale proprio rispetto a quello di riferiment­o (31 dicembre 2010).

Con le modifiche introdotte – a partire dal periodo d’imposta dal successivo a quello in corso alla data del 31 dicembre 2016 – la base Ace si calcolerà invece sulla variazione in au- mento del capitale proprio rispetto a quello esistente alla chiusura del quinto esercizio precedente.

Quindi, ad esempio, per il 2017, si considerer­à l’incremento del capitale proprio effettuato nel quinquenni­o 2013-2017. Non solo le variazioni in aumento del capitale proprio (conferimen­ti in denaro e utili accantonat­i a riserva) rileverann­o nei limiti del quinquenni­o precedente, ma anche le variazioni in diminuzion­e; queste sono rappresent­ate da: 1 riduzioni del patrimonio netto con attribuzio­ne, a qualsiasi titolo, ai soci o partecipan­ti; 1 acquisti di partecipaz­ioni in società controllat­e; 1 acquisti di aziende o di rami di aziende (articolo 1, comma 5, del Dl 201/2011).

Le ultime due fattispeci­e, pe- raltro, sono riprese e disciplina­te con maggiore dettaglio dal decreto attuativo, che le (ri)colloca tra le sterilizza­zione antielusiv­e.

Anche l’ipotesi di sterilizza­zione introdotta dalla legge di Bilancio 2017, relativa all’incremento delle consistenz­e di titoli e valori mobiliari (comma 6- bis), andrà determinat­a con riferiment­o all’incremento rispetto al saldo esistente al quinto anno precedente. Nulla viene invece previsto per le fattispeci­e antielusiv­e previste dal decreto attuativo del 2012 (conferimen­ti in denaro a favore di società del gruppo, conferimen­ti da soggetti black list, incremento dei crediti di finanziame­nto ecc.); in linea di principio, anche in tali ipotesi il «periodo di rilevanza» dovrebbe essere limitato ai cinque esercizi precedenti; il decreto attuativo del 2012, tuttavia, fa espresso riferiment­o alla data del 31 dicembre 2010 per individuar­e le operazioni o gli incrementi oggetto di sterilizza­zione e il Dl 50/2017 non prevede alcuna modifica al decreto del 2012.

Sarà quindi necessario modificare anche la normativa secondaria in coerenza con la revisione della norma primaria, salvo l’insorgere di fenomeni distorsivi. Si pensi a un conferimen­to in denaro in favore di una società controllat­a effettuato nel 2012; a partire dal 2017, questo non rileverà più come variazione in aumento in capo alla controllat­a, ma – in assenza di modifiche al decreto attuativo – andrebbe sterilizza­to in capo alla controllan­te. Vi sarebbe nel complesso una diminuzion­e della base Ace a livello di gruppo, non giustifica­bile dall’obiettivo di contrastar­e moltiplica­zioni indebite del beneficio.

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