Il bonus ai gestori dei fondi non è un benefit
Più chiarezza sulla tassazione del carried interest. L’articolo 60 del 50/2017 qualifica tale rendimentocome reddito di capitale o diverso. Il carried interest nasce nel settore del private equity come incentivo ai gestori dei fondi comuni di investimento al raggiungimento di determinate performance. È un rendimento maggiorato di cui godono gli strumenti partecipativi sottoscritti da amministratori e manager.
Sino a oggi vi erano dubbi sulla qualificazione fiscale di tale componente che può avere un peso nella remunerazione dei sotto- scrittori. Infatti, nei pochi precedenti di prassi l’Agenzia non aveva chiarito del tutto la questione. Era stato stabilito (risoluzione 103/E del 2012) che il rendimento non dovesse essere riqualificato nell’ambito del reddito di lavoro dipendente ma si trattava di azioni derivanti da una assegnazione non proporzionale già assogget- tata a tassazione integrale all’atto della sottoscrizione. Inoltre, veniva valorizzato il fatto che il beneficiario potesse mantenere il possesso della partecipazione anche in caso di cessazione del rapporto lavorativo.
Tuttavia, nella prassi, questi strumenti sono caratterizzati da limitazioni alla trasferibilità e l’incasso del provento è subordinato a una permanenza minima del manager nella società di gestione (almeno fino al vesting). Inoltre, l’attribuzione di diritti patrimoniali “rafforzati” (seppure condizionati al raggiungimento di determinate performance) poteva trovare giustificazione con l’impegno (lavorativo) profuso dai manager nell’attività della società. Nel contesto descritto, quindi, avrebbero potuto sorgere dubbi sulla possibile (ri) qualificazione fiscale del carried interest quale componente del reddito di lavoro dipendente.
La “manovrina” pone un argine a tale incertezza e allinea il trattamento fiscale di questi strumenti a quello vigente in altri paesi europei. Devono essere rispettate, però, tre condizioni:
1) l’impegno di investimento complessivo di tutti i dipendenti e gli amministratori deve comportare un esborso pari ad almeno l’1% dell’investimento effettuato dall’Oicr o del patrimonio netto nel caso di società o enti;
2) i proventi delle azioni, quote o strumenti finanziari che danno i diritti patrimoniali rafforzati maturano solo dopo che tutti i soci o partecipanti all’Oicr abbiano percepito un ammontare pari al capitale investito e un rendimento minimo previsto nello statuto o nel regolamento del fondo;
3) le azioni, le quote o gli strumenti finanziari interessati sono detenuti dai dipendenti e amministratori o, in caso di decesso, dai loro eredi, per almeno 5 anni.
Le nuove disposizioni si applicheranno ai proventi percepiti dal 24 aprile 2017. Va accolto quindi con favore l’intervento legislativo che, pur fissando dei limiti, mette fine all’incertezza e potrà consentire anche ai manager del- la finanza operanti in Italia di avere un quadro chiaro sulla tassazione di una componente che può assumere importanza affatto marginale nella propria remunerazione complessiva. Appare logico ritenere che anche per i proventi percepiti anteriormente al 24 aprile 2017, se ricorrono tutti i presupposti introdotti dalla nuova norma, il Fisco non potrà giungere a conclusioni differenti. Per le situazioni non compliant, invece, in caso di contestazioni resta aperta la via del contenzioso poiché non mancano ragioni a supporto della tesi favorevole ai contribuenti trattandosi di quote effettivamente sottoscritte che danno minori diritti amministrativi ed il cui (sovra)rendimento è meramente eventuale.
L’OBBLIGO Una delle condizioni impone che quote o azioni siano detenute da manager o dipendenti per almeno cinque anni