Tv, Serie A a caccia di un miliardo
La Lega e l’advisor Infront impegnati a redigere il bando per il triennio 2018/21
pLa battaglia sui diritti tv della Serie A entra nel vivo. Nelle settimane in cui dal tribunale di Milano rimbalzano le notizie sugli sviluppi dell’indagine della Procura sugli ex vertici di Infront e su alcuni dirigenti del calcio tricolore, la Lega e quello che sarà l’advisor almeno fino al 2021 stanno definendo il bando che dovrà assegnare i match del massimo campionato per il triennio 2018/21. Infront Italy, oggi guidata da Luigi De Siervo, nel frattempo è passata ai cinesi di Wanda Group e ha reso noto che agirà come parte lesa qualora fossero acclarate le ipotesi accusatorie.
La gara per la Serie A che s’intreccia con quella relativa ai diritti tv della Champions per lo stesso periodo e alle incertezze sui competitor industriali (su cui si riferisce nell’articolo in basso) è ormai alle porte.
Le nuove linee guida sono all’esame dell’Antritrust che dovrebbe pronunciarsi entro la fine di maggio. L’obiettivo è di poter arrivare al via libera della Lega in un paio di mesi e svolgere l’asta entro la fine di luglio. Da una efficace configurazione dei pacchetti per i diritti nazionali i club si aspettano un impulso decisivo per rimpinguare gli introiti. L’ultima asta, quella per il triennio 2015/18, è stata peraltro oggetto di un severo giudizio da parte dell’Antitrust che aveva inflitto a Mediaset un’ammenda da 51,4 milioni, di 9 milioni a Infront, di 1,9 milioni alla Lega e di 4 milioni a Sky. Sanzioni poi cancellate nel dicembre scorso dal Tar del Lazio che non ha riscontrato l’esistenza a monte dell’esito del bando di un’intesa restrittiva della concorrenza (in particolare tra i vertici di Mediaset e della vecchia Infront).
Le società della massima serie confidano che la nuova gara porti a entrate generali per almeno un miliardo all’anno per i diritti nazionali e che per la cessione all’estero si ottenga sensibilmente di più rispetto ai 186 milioni con cui Mp&Silva (anch’essa passata in mani cinesi) ha acquisito i diritti nell’ultima tornata. Grazie alla maturazione del mercato asiatico e in particolare di quello del Dragone, favorito dalle nuove proprietà di Inter e Milan e da orari più favorevoli, Infront si attende un incremento di almeno 100 milioni. Una crescita del “gettito” da diritti tv rispetto alla cifra totale di 1,2 miliardi annuali del precedente bando, prodotto anche con la collocazione dei diritti per il web rimasti all’epoca invenduti, è fondamentale per stemperare il clima in Lega e le tensioni sulla rimodulazione dei criteri di ripartizione delle somme incamerate.
Alla base dello stallo che ha impedito all’assemblea delle società di eleggere il nuovo presidente e di riformare la governance, provocando la nomina di Carlo Tavecchio come commissario, ci sono infatti i dissidi tra club medio-piccoli e big su questo tema. Secondo i primi, in effetti, occorrerebbe rendere la suddivisione degli incassi televisivi più equa per dare più risorse a tutti e favorire la competività interna del torneo. Per i big, invece, le risorse tv devono premiare soprattutto chi contribuisce in maniera prevalente a realizzarle e quindi i team che hanno il più ampio bacino d’utenza. Juventus, Milan, Inter, Napoli, Roma e Fiorentina sono schierate su questo fronte, anche perchè per poter concorrere a livello europeo non possono rinunciare alla fetta più grande della torta televisiva.
In Parlamento sono stati depositati alcuni progetti legislativi per rivedere la legge Melandri. Soprattutto nella prospettiva di innalzare la percentuale distribuite in parti uguali. In Italia (come si evince dalla tabella a fianco) è al 40 per cento. Nelle altre principali leghe europee, invece, è al 50. C’è da dire, peraltro, che in Premier questa percentuale è ancora più alta perchè tutti i diritti esteri sono assegnati in parti uguali ai 20 club.
I principi di massima equità permeano gli sport professionistici Usa (ai quali le tv versano annualmente oltre 15 miliardi di dollari). Non a caso la Lega britannica si ispira a un modello di ripartizione che non penalizzi i club minori (chi ottiene di più non può incassare oltre una volta e mezza ciò che va al club che guadagna meno). Queste realtà, tuttavia, possono contare su ricavi importanti che arrivano da altri ambiti aziendali (sponsorizzaioni e botteghino in primis). E quindi possono permettersi di suddividere paritariamente una delle fonti di entrata. In Serie A, al contrario, i diritti tv costituiscono più del 50% delle entrate delle squadre e in molti casi anche i due terzi. Sono cioè un asset quasi “infungibile”. E questo spiega la delicatezza della battaglia in atto.
LO STALLO L’assemblea dei 20 club del massimo campionato è bloccata sulla revisione dei criteri fissati per la ripartizione dei ricavi