Il Sole 24 Ore

Abominio sulle rive del Mapocho

- di Vittorio Giacopini

Non basta che i morti tornino in vita e i vivi mentano per parlare di realismo magico o di romanzo impegnato, di denuncia. In Mapocho di Nona Fernandez i morti sono quantomeno ciarlieri –e i vivi ignobili – ma questo non è un libro invettiva, o una furbata magico realista alla Isabel Allen- de, per capirci. Mapocho affronta l’intera vicenda del Cile, dai conquistad­ores alle stragi di Pinochet, e sino al presente, dal punto di vista estremo di chi non distingue, e neanche vuole più farlo, tra vivi e morti e in queste pagine tutte ambientate lungo le rive di un fiume impassibil­e (il Mapocho) la grande protagonis­ta è la Storia, e la storia per la Fernandez è un abominio, o un incubo riuscito.

La «nostalgia in ognuno dei fiumi trascorsi si svela» dice il poeta, ma in queste pagine se c’è un grande assente è proprio questo sentimento equivoco e troppo spesso zuccherino a meno che il termine non si prenda alla lettera e il nodo sia il dolore del ritorno, non il ritorno, e l’angoscia del passato, non il suo Mito. Per la Bionda (fantasma e protagonis­ta suo malgrado del romanzo), per sua madre, per l’Indio suo fratello, e persino per il padre Fausto, lo storico e inventa-storie scomparso decenni prima in un (mitologico) “incendio” che poi si rivelerà soltanto una retata as- sassina dei militari durante i primi giorni della dittatura, la leggenda familiare e l’esilio e il tragico rientro in patria sono un assurdo rompicapo e un labirinto da cui non si riesce a uscire e nemmeno si deve, beninteso. La loro vita-morte è uno specchio del Tempo, o un portato, appunto, della Storia del Paese, e dei suoi grumi irrisolti, e infinite occasioni mancate e paradossi. «Intrighi, racconti di fantasia, storie nate male, trame mal costruite, finzioni, tranelli, inganni, falsità. Menzogne»: dalla lotta tra gli indiani mapuche e gli invasori spagnoli nel 500, passando per la fondazione di Santiago del Cile nel segno della Vergine Maria, e sino ai giorni del terrore e di Pinochet, e sempre lungo le acque putride del Mapocho, la Storia del Cile è tutt’altro che un lungo fiume tran- quillo e Nona Fernandez è bravissima a rileggerla, e a reinventar­la. Sotto il peso del Potere, e della violenza, l’avventura di una famiglia diventa quella di tutte, e persino il presente e il passato si confondono nell’atto estremo di un ricordo che diventa un lucido giudizio, ma senza sentenza. Come ne l’Esame, uno dei primi romanzi di Cortazar , il ritorno della Bionda tra le strade del “quartiere” (il Barrio la Chimba) è un viaggio nel tempo che si compie nel silenzio, e nella «foschia» e, sarà per questa nebbia spessa che neanche lo sai se è nebbia, fumo, veleno chimico, coltre di inganni, tutto appare sfumato, inafferrab­ile, e ogni voce si coglie spezzata e a tratti, e ogni figura che passa è solo una sagoma e, davvero, «il quartiere è morto», lo spettacolo è finito e, a parte il vento e il mugliare del fiume, e magari qualche grido di uccelli, «tutto è silenzio e foschia», e tutto è assenza.

Per Nona Fernandez il metro per misurare la Storia non è mai il rimpianto, ma è lo sconcerto, e nelle pagine di questo libro molto bello c’è un eccesso di dolore che però è la vita, e la vita soltanto ( « non è niente mamma - diceva Dylan - sto solo sanguinand­o…. È la vita, è la vita soltanto » ) . D’altronde c’è poco da fare, il Quartiere è morto: « non si prende più il mate sulla soglia di casa, non si gioca a calcio in strada, non si raccontano storie né si fanno trucchi di magia sugli scalini rossi il pomeriggio » .

Nona Fernandez, Mapocho , Gran Via, Narni ( Terni), pagg. 210, € 16

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