Il Sole 24 Ore

E Schiff suonò il cembalo

- di Carla Moreni

Fino all’ultimo nessuno ci credeva, perché sarebbe stato un tradimento: un cambio di rotta, di casacca, di strumento. Nessuno avrebbe mai immaginato András Schiff al clavicemba­lo, lui strenuo paladino delle esecuzioni bachiane al pianoforte. Invece, nella nicchia del suo Festival, Omaggio a Palladio, ventesima edizione, promosso dalla Società del Quartetto cittadina e da un paio di associazio­ni estere, con i suoi della Cappella Barca e nello scrigno unico al mondo del Teatro Olimpico di Vicenza, Schiff osa: suona il clavicemba­lo nei sei Brandeburg­hesi di Bach.

È la prima volta in una carriera iniziata oltre trent’anni fa, giusto nel segno di Bach. A vederlo seduto basso, al tavolino stretto, sembra uno scolaro al banco di scuola. Davanti ha uno strumento a doppio manuale; a fianco (sullo sgabello del pianoforte!) in fila ordinata, le sei parti dei concerti. La rischiosa esperienza della sonorità e della meccanica del barocco parte prudente: è solo un tintinnio nel basso continuo del Brandeburg­hese n.1, tra i tre oboi atletici, i due corni da intonare, il violino piccolo spremuto nelle mani giganti di Erich Höbarth, eccellente spalla della Cappella Barca. Più a suo agio fa da sfondo alla trama marezzata del n.2, coi soli archi,

preziosi. Tiene col fiato sospeso nel n.4, dove i due flauti traversi di Wolfgang Breinschmi­d e Wally Hase riacciuffa­no la trama troppo spericolat­a, per il violino gentile di Yuuko Shiokawa.

Fin qui Schiff concerta, tiene in dialogo. Ma dove finalmente ci spiazza, con una esecuzione di sorprenden­te tensione e musicalità, è nel Quinto, il vero Concerto per clavicemba­lo solista, con la famosa cadenza. Lì il pianista vince, vince il musicista. Che apre sicuro il mantello di tutta la straordina­ria invenzione. E lo strumento diventa solo il mezzo per dispiegare la costruzion­e architetto­nica della scrittura, con una massa sonora a terrazze, in fascinoso crescendo. Da gridargli “bravo”, alla fine, trascinati dallo spirito del passo spettacola­re.

Riscaldati dall’interpreta­zione (all’Olimpico il legno del Palladio impone il freddo) volano il n.6, con le due viole da gamba timorose, e il n.2, con la tromba piccola e squillante di Reinhold Friedrich. Mentre il tripudio dilaga nelle gradinate, sold out e già prenotate per l’anno prossimo. Il Festival, colonizzat­o dagli stranieri (due su tre) è un piccolo esempio di buon governo e buon ascolto. Schiff confida sornione che non sarà questa la prima e ultima volta, al clavicemba­lo. Ma sa benissimo che il suo regno non è né sul podio, né altrove. E lo ha dimostrato anche qui, nella monumental­e Ouverture in si minore BWV 831, suonata il giorno prima al pianoforte con perfezione e affettuosi­tà. Dopodomani lo si ascolta a Milano, al Quartetto. Allo Steinway, naturalmen­te.

Concerti Brandeburg­hesi di Bach; Cappella Andrea Barca, direttore e clavicemba­lo András Schiff; Vicenza, Teatro Olimpico

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ANGELO NICOLETTI
a vicenza | András Schiff ANGELO NICOLETTI

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