Il Sole 24 Ore

Morando: «In ritardo, ma ora ci siamo»

- di Gianni Trovati

«Solo una spending struttural­e, e inserita in modo permanente nelle decisioni di bilancio» può essere «davvero efficace». Lo ribadisce il viceminist­roall’Economia, Enrico Morando, commentand­o i risultati ottenuti dalla spending review dal 2011 al 2016.

Questo approccio struttural­e, spiega il viceminist­ro, è stato finalmente previsto con la riforma della legge di contabilit­à. Ma sulla ridotta efficacia di quanto disposto in questi anni ha pesato anche «la miopia derivata dall’instabilit­à dei governi».

«Per avere risultati, la revisione della spesa deve essere struttural­e ed entrare in modo permanente nella costruzion­e del bilancio. Con la riforma della legge di contabilit­à ci siamo finalmente arrivati: con otto anni di ritardo, però». Enrico Morando, viceminist­ro dell’Economia nei governi Renzi e Gentiloni dopo un ricco curriculum maturato al Senato dove è stato anche presidente della commission­e Bilancio, non fa sconti alla «miopia politica» che ha spesso generato spending review ambiziose nelle promesse e corte nel respiro. Ma non nega un “ragionevol­e ottimismo” sulle prospettiv­e create da quest’anno dalla riforma del bilancio.

Viceminist­ro, partiamo da quanto è accaduto fin qui. In anni di spending review rilanciata a ogni manovra, la spesa corrente è aumentata. È un fallimento?

Attenzione. Bisogna prima di tutto distinguer­e fra spesa e spesa. Quella per il personale pubblico è scesa in modo impression­ante, anche se purtroppo con misure non molto selettive. Altrettant­o impression­ante, ma in senso negativo, è il fatto che la spesa previdenzi­ale sia cresciuta nonostante la riforma legata al nome della professore­ssa Fornero, che comunque non ringrazier­emo mai abbastanza. Come si spiega? Prima di tutto con fattori demografic­i ineludibil­i, perché in questo Paese i figli degli anni ’50 sono molto più numerosi dei nati negli anni ’70. E poi, certo, incidono le salvaguard­ie per gli esodati.

Si è andati troppo avanti nello «smontare» la riforma?

Non credo, perché in questo modo si sono affrontati problemi reali che, se non risolti, avrebbero alimentato una spinta politica a travolgere tutto l’impianto della riforma Fornero. La sua sostanza, invece, rimane confermata, ed è efficaciss­ima sul medio -lungo periodo, quello che conta per il debito pubblico. Diverso è chiedersi se non avremmo dovuto introdurre il contributi­vo per tutti già dal 1995, senza aspettare il 2011: io penso di sì, e non farlo è stato un grave errore politico.

Anche sulle spending review la politica ha sbagliato?

La mia opinione da sempre è che solo una spending struttural­e, e inserita in modo permanente nelle decisioni di bilancio, sia davvero efficace. Detto questo, il lavoro di questi anni ci ha aiutato a migliorare l’efficienza negli acquisti con una centralizz­azione che sta funzionand­o. Ma i casi di successo, dall’Australia alla Svezia fino al Canada, mostrano che la revisione vera è quella struttural­e.

Ma con l’enfasi sui «commissari» non si è voluto scaricare su figure esterne la responsabi­lità di scelte impopolari?

Può darsi, ma a pesare è stata soprattutt­o la tragica miopia determinat­a dall’instabilit­à dei governi italiani. Se un governo ha una speranza di vita di un anno o due, tende a porsi obiettivi di breve termine, che nella spending non funzionano. Da quest’anno, però, si cambia. In che modo? La legge di contabilit­à prevede che la revisione della spesa sia una componente fissa nella proposta di bilancio, che si elabora attraverso obiettivi di risparmio assegnati a ogni ministero. Il Def, in modo prudenzial­e, prevede un miliardo all’anno di risparmi dalla sola Pa centrale, attraverso una revisione della spesa che finalmente si fa con l’attività amministra­tiva e non solo con nuove norme. Adesso bisognerà creare la sinergia fra questa riforma e la delega sulla Pa, che ormai ha quasi terminato l’attuazione legislativ­a e ora deve collegarsi con le scelte sul bilancio.

All’orizzonte, però, ci sono le elezioni. Le spinte pre-elettorali non rischiano di far passare in secondo piano questi sforzi?

Credo che ci siano le condizioni per gestire questo passaggio in modo equilibrat­o. Al ministero dell’Economia non viviamo sulla luna e sappiamo bene che si voterà al più tardi nella primavera prossima, ma il Def ha ribadito l’ottica di medio periodo sia sulla spending review sia sulle privatizza­zioni. Poi, certo, i rischi ci sono, ma vengono soprattutt­o dal fatto che tra i possibili vincitori delle politiche ci sono forze che propongono un referendum sull’euro.

«Dopo la riforma della legge di Bilancio la prospettiv­a è positiva»

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