Al procedimento disciplinare servono ancora tempi certi
Con l’arrivo dei pareri delle commissioni parlamentari si chiude l’iter del decreto legislativo di modifica del Testo unico sul pubblico impiego previsto dalla legge Madia.
Il percorso dei decreti legislativi si rivela, soprattutto dopo la sentenza 251/2016 della Consulta, sempre più lungo e fitto di concertazioni e influenze, con i passaggi in Conferenza Stato-Regioni, il parere del Consiglio di Stato, le audizioni parlamentari e quindi i pareri delle Commissioni, che contribuiscono a integrare il testo secondo raccomandazioni giuridiche ed esigenze politiche.
Si tratta quasi sempre di pareri e intese in parte negoziate con il Governo e il ministero di riferimento, e quindi raramente comportano uno stravolgimento del percorso legislativo. È un vero e proprio processo di concertazione, costituito da sponde e suggerimenti anche auspicati.
Individuando alcuni temi, tra i tanti trattati nei pareri, certamente di interesse sono le osservazioni sul rapporto tra fonte legislativa e contratti. I pareri invitano il Governo a rafforzare il ruolo della contrattazione collettiva e a ridurre il ruolo della legge, conformemente al parere del Consiglio di Stato, preoccupandosi anche che venga rispettata l’intesa fra governo e sindacati del 30 novembre scorso. Altro tema di interesse è la stabilizzazione dei lavoratori che hanno avuto contratti di lavoro flessibile con la Pa. In questo ambito le richieste, pressanti e numerose, sono volte ad ampliare i già generosi requisiti che consentono di “valorizzare” le esperienze con contratti flessibili. Da un lato correttamente si invita a togliere la discriminazione presente nel testo tra l’esperienza con contratto a tempo determinato e quella con contratti di collaborazione o somministrazione, dall’altro vi sono le richieste di estendere i requisiti al personale che ha avuto incarichi dirigenziali o di dare soluzione all’annosa questione del personale delle Agenzie fiscali con funzioni dirigenziali. Non si tratta di condizioni o osservazioni ma di «raccomandazioni».
Sul procedimento disciplinare, anche seguendo l’esperienza giurisprudenziale nel lavoro privato sull’immediatezza della contestazione, sarà opportuno seguire le indicazioni del Consiglio di Stato, richiamate dai pareri parlamentari, e tornare alla certezza dei termini del procedimento dal momento della contestazione, magari allungando i termini. Concretamente più semplice da gestire per le Pa. Di interesse anche l’invito a introdurre un obbligo generale per le Pa di comunicare all’Ispettorato per la funzione pubblica l’avvio e la conclusione dei procedimenti disciplinari e il loro esito, per consentire un efficace e tempestivo monitoraggio.
Difficile aspettarsi grandi contributi dall’attuale quadro politico e nell’attuale contesto storico. Emerge però con chiarezza che una riflessione, oggi, sul personale delle Pa dovrebbe, una volta tanto, prescindere da modifiche e interventi legislativi e trovare una sede gestionale. Una conferenza nazionale sulle risorse umane nel settore pubblico potrebbe aiutare a capire di più e a utilizzare per una volta, per cambiare le cose, gli strumenti gestionali invece di quelli normativi. Lo stato delle competenze, l’invecchiamento del personale, la cattiva distribuzione dello stesso, la produttività o l’innovazione nel lavoro sono le vere sfide e hanno bisogno di altro.