IMPIEGO IN PORTOGALLO: IL «CR» EVITA LE DOPPIE TASSE
Mio figlio ha lavorato come dipendente di una ditta italiana fino a tutto agosto 2016. A settembre scorso si è trasferito in Portogallo, a lavorare presso l’Università di Lisbona per conseguire un dottorato di ricerca, con un contratto triennale, secondo il programma “Erasmus mundus” (regolamento di cui alla decisione 1298/2008/Ce). Riceve una busta paga nella quale risultano delle trattenute fiscali; ma non è iscritto all’Aire e ha ancora la residenza in Italia, nel luogo dove è proprietario di un immobile destinato ad abitazione principale (mantenuto a sua disposizione e utilizzato saltuariamente durante le sue visite in Italia). Quale dovrà essere il suo comportamento fiscale, sia in relazione all’Irpef (se dovuta), che all’Imu (per l’immobile di sua proprietà)?
A.L. – BRESCIA
La circostanza che il figlio del lettore abbia mantenuto in Italia la propria residenza fiscale comporta l’obbligo di pagare le imposte nel nostro Paese, anche sui redditi prodotti in Portogallo. L’articolo 3 del Tuir, infatti, prevede che i soggetti fiscalmente residenti in Italia siano tenuti a pagare le imposte in Italia, sulla base dei redditi ovunque prodotti (cosiddetto “principio di tassazione su base mondiale”). Inoltre, i redditi percepiti per il lavoro svolto in Portogallo sono soggetti a tassazione anche in quel Paese, in base al principio della fonte del reddito; e tale doppia imposizione non viene evitata, pur in presenza di una Convenzione tra Italia e Portogallo (si veda l’articolo 15, comma 1, della stessa Convenzione). La doppia tassazione sul reddito prodotto in Portogallo potrà essere in tutto o in parte evitata, ex articolo 165 del Tuir, compilando il quadro CR del modello Redditi. Per quanto riguarda l’Imu, si rileva che, in base all’articolo 13, comma 2 del Dl 201/2011, le agevolazioni riguardano solo l’abitazione principale: vale a dire «l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore e il suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente». Tale norma deve intendersi nel senso che si considera abitazione principale solo l’immobile in cui entrambe le condizioni citate sussistono contemporaneamente (circolare 3/E/2012). Poiché dal quesito emerge che il figlio del lettore è proprietario di un immobile in Italia (nel quale ha la residenza), ma egli dimora abitualmente in Portogallo, ne deriva che – dalla data in cui è venuta meno la coincidenza tra residenza anagrafica e dimora abituale (settembre 2016) – l’abitazione in questione deve essere considerata come abitazione a disposizione e non “principale”.
A cura di Michela Magnani