Scafarto esclude il dolo: solo «errori» di valutazione
Poco più di sei ore per difendersi dall’accusa di aver falsificato una informativa per «incastrare» Tiziano Renzi nell’inchiesta Consip. Tanto è durato l’interrogatorio del capitano dei carabinieri del Noe, Gianpaolo Scafarto, accusato dalla Procura di Roma di falso: avrebbe manipolato una intercettazione per dimostrare un incontro tra l’imprenditore Alfredo Romeo e il padre del segretario del Pd. Il militare ha ricostruito tutte le fasi dell’indagine: da quando ha ricevuto la delega dai pm di Napoli Henry John Woodcock e Celeste Carrano, fino a quando il fascicolo è stato trasferito per competenza nella Capitale. Ha escluso il dolo e ha detto di aver commesso solo degli «errori» di valutazione dei fatti. Tuttavia i magistrati ritengono solida l’accusa, in quanto si baserebbe su dati certi. Secondo le ipotesi Scafarto era in possesso di tutti gli atti investigativi per verificare che, in realtà, non ci fu alcun incontro tra Romeo e Tiziano Renzi. Particolare confermato negli interrogatori di due carabinieri collaboratori di Scafarto, ascoltati dai pm di Roma nelle scorse settimane. Intanto al Csm, il Procuratore generale della Cassazione, Pasquale Ciccolo, ha rivendicato la correttezza nel promuovere l’azione disciplinare verso Woodcock: «Ho agito facendo il mio dovere e dando al collega la possibilità di difendersi» .