Gli acconti di Imu e Tasi per gli immobili non abitativi
Confermato il blocco dei rincari - L’acconto dipende da moltiplicatori, aliquote e utilizzo del bene
La disciplina Imu-Tasi non contempla alcuna regola particolare per gli immobili ereditati, per cui occorre partire dalle norme ordinarie del Codice civile, che vanno applicate nel contesto specifico dei tributi comunali.
Il trasferimento dei diritti reali pervenuti per successione opera – in via retroattiva – dalla data del decesso (che il Codice civile definisce «data di apertura della successione»), a prescindere da quando si accetta l’eredità o da quando si presenta la denuncia di successione. Ad esempio, se il decesso è intervenuto in data 5 gennaio 2017, ai fini Imu-Tasi l’immobile si considera nella titolarità dell’erede sin da tale data, anche se l’accettazione è avvenuta alla fine di aprile 2017 e la denuncia di successione verrà presentata alla fine di dicembre di quest’anno (ricordando che il tributo si paga per dodicesimi, e una frazione di almeno 15 giorni conta un mese).
Per quanto riguarda gli obblighi dichiarativi d’imposta, le istruzioni allegate alla dichiarazione Imu (approvata con Dm 30 ottobre 2012) stabiliscono che gli eredi che abbiano presentato la dichiarazione di successione contenente beni immobili non sono obbligati a presentare anche la dichiarazione ai fini Imu, perché gli uffici dell’agenzia delle Entrate che hanno ricevuto la prima ne trasmettono una copia a ciascun Comune nel cui territorio
sono ubicati gli immobili.
I termini di versamento
Nulla è invece disposto circa i termini di versamento dei tributi, in presenza di successione ereditaria. Si ritiene, però, che i Comuni possano disporre nel proprio regolamento un adeguato differimento delle scadenze (ex articolo 52 del Dlgs 446/1997). Tale soluzione è possibile in considerazione del fatto che nell’Imu l’unica quota statale rimasta è quella sui fabbricati in categoria catastale D; mentre la Tasi ne è del tutto priva. E dunque si tratta di tributi interamente comunali.
In mancanza di regolamento, si applicano i termini previsti dalla legge: cioè l’acconto va versato entro il 16 giugno e il saldo entro il 16 dicembre dell’anno di riferimento. In particolare, l’acconto è pari al 50% di quanto ottenuto su base annuale, in virtù della norma che impone di effettuare il versamento in due rate di pari importo. Per calcolare l’importo da pagare, andrebbero applicate le aliquote e le detrazioni dell’anno precedente, con la possibilità di utilizzare quelle più favorevoli eventualmente approvate quest’anno dai Comuni.
Al contrario, sono da escludersi eventuali aumenti di aliquote, per via del “blocco” dei tributi introdotto nel 2016 ed esteso anche al 2017. Uno stop che riguarda anche i cosiddetti aumenti “indiretti”, non consentendo l’eliminazione o l’attenuazione di agevolazioni già concesse in precedenza (trattandosi di aumenti in senso sostanziale).
Per il calcolo dell’importo è comunque necessario individuare la base imponibile (costituita, per i fabbricati, dal valore catastale), dopo aver inquadrato la disciplina applicabile al singolo caso: visto che la Tasi non sempre si somma alle medesime fattispecie Imu. È il caso dei terreni agricoli, che non sono imponibili ai fini Tasi, mentre pagano l’Imu (con coefficiente 135) relativamente ai soggetti che non rientrano nella categoria degli imprenditori agricoli professionali (Iap) o coltivatori diretti (Cd), tranne che si tratti di terreni montani (indicati nella circolare 9/93) o ubicati nelle isole minori, ovvero a proprietà collettiva. Pertanto, nella situazione descritta dal lettore, la procedura di calcolo e di versamento è sostanzialmente identica per i due tributi, ad eccezione dei terreni agricoli che non sono soggetti alla Tasi.
Il calcolo dell’imposta
Si parte quindi dall’individuazione della base imponibile, costituita dal valore degli immobili (a seconda della diversa tipologia), che per i fabbricati accatastati si determina prendendo la rendita catastale rivalutata del 5% (rendita x 1,05); mentre per i terreni agricoli (imponibili solo ai fini Imu, ad eccezione delle fattispecie esenti) si determina prendendo il reddito dominicale rivalutato del 25% (reddito x 1,25). I dati della rendita catastale e del reddito dominicale sono facilmente reperibili dalla visura catastale.
A questo punto entrano in gioco i moltiplicatori, distinti per categoria: ai negozi (C/1) si applica il coefficiente 55, ai terreni agricoli il 135. Dopo aver ottenuto il valore degli immobili, si deve quindi effettuare il calcolo dell’imposta applicando le aliquote consultabili sul sito del Dipartimento delle Finanze ( www.finanze.it), dove si trova la funzione di ricerca «Delibere aliquote Imu e Tasi». Questo è infatti l’unico canale ufficiale, visto che i Comuni sono obbligati a trasmettere al Mef le delibere Imu e Tasi entro il 14 ottobre di ogni anno.
L’importo complessivo del 2017 - ottenuto seguendo il percorso indicato - va poi diviso in due, per determinare l’acconto da versare entro il 16 giugno 2017: un’operazione che, naturalmente, occorre effettuare per ogni singolo tributo (Imu e Tasi). Va inoltre applicata la regola dell’arrotondamento all’euro per difetto, se la frazione è inferiore o uguale a 49 centesimi; ovvero per eccesso, se risulta invece superiore a tale importo (articolo 1, comma 166, legge 296/2006 e circolare 3/Df/2012). L’arrotondamento va fatto per ciascun rigo del modello F24 e del bollettino, poiché a ciascuna tipologia di immobile è associato un differente codice tributo (circolare 3/ Df/2012). Nel caso specifico, i codici tributo sono i seguenti: per il negozio e il magazzino, 3918 (Imu) e 3961 (Tasi); per i terreni agricoli, 3914 (solo Imu). Si evidenzia, infine, che il canale esclusivo di versamento dell’Imu e della Tasi è costituito dal modello F24, oppure dal bollettino postale “centralizzato” (conto corrente unico nazionale): quest’ultimo può essere utilizzato solo se si tratta di immobili situati nello stesso Comune.