Tesoretto da oltre 2 miliardi grazie all’asta per il 5G
L’ipotesi di un utilizzo per «misure una tantum». Per i gestori esborsi oltre le attese
La gara per le frequenze 5G, destinate allo sviluppo della banda ultralarga di prossima generazione, potrebbe regalare al governo un “tesoretto” insperato. Con i rilanci di ieri la base d’asta è stata già superata di quasi 2 miliardi, un extragettito destinato a crescere e che potrebbe finire a sorpresa anche nell’orbita manovra, seppure con dei paletti ben precisi.
Anche grazie al meccanismo di gara multibanda disegnato dall’Authority per le comunicazioni, per lo Stato si configura un risultato ben superiore alle attese. Con un tema che da qui in avanti diventa prioritario: come verrà impiegato l’extragettito della gara? Rispetto alla base d’asta di 2,5 miliardi, l’incasso ha già raggiunto 4,4 miliardi e la procedura non è conclusa. Tra i tecnici del governo sono iniziate le riflessioni sul possibile impiego. Se i 2,5 miliardi preventivati appaiono destinati a riduzione del debito pubblico, l’extragettito che entrerà nel bilancio dello Stato potrebbe teoricamente andare a coprire misure di spesa una tantum da inserire anche nella prossima legge di bilancio. Il “tesoretto” in sostanza potrebbe essere riservato a interventi “one off”, con coperture su base annua, corrispondenti a quanto in quel determinato esercizio lo Stato incasserà dagli operatori. «Vedremo» dice una fonte di governo impegnata in modo diretto sulla manovra.
C’è un precedente significativo. Nel 2011 l’asta per le frequenze 4G si fermò a 4 miliardi con un extragettito di circa 1,6 miliardi. L’allora ministro delle Comunicazioni Paolo Romani fu ad un passo dall’impiegare metà di quella somma, poco meno di 800 milioni, per misure a sostegno del Piano banda larga. A bozze della norma quasi chiuse, un blitz del ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, cambiò la destinazione e l’intero surplus di 1,6 miliardi andò nella manovra a favore del fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato e a compensazione dei tagli ad alcuni ministeri, ad esempio su sicurezza e difesa.
Di certo, per la soddisfazione delle casse statali le compagnie telefoniche anche ieri si sono date battaglia per i lotti nella banda 3.7-3.8 GHz. Su queste frequenze – tra le bande “pioniere” per lo sviluppo del 5G, messe all’asta insieme alla banda 700 MHz e alla “millimetrica” 26.5-27.5 GHz – si sta concentrando uno scontro senza esclusione di colpi in cui c’è il rischio concreto, per almeno un big della telefonia mobile, di rimanere con il cerino in mano. In palio ci sono infatti due blocchi di frequenze da 8o MHz più due da 20. Il limite “aggregabile” è di 100 MHz. Con 4 operatori che stanno gareggiando (Tim, Vodafone, Wind Tre e Iliad) le telco non hanno alternative a darsi battaglia per non finire a bocca asciutta.
Infatti ieri in uno dei blocchi da 80 MHz Vodafone aveva scavalcato Telecom nell’offerta, mettendo sul piatto 937,35 milioni. Per l’altro da 80 MHz è ancora Wind Tre a primeggiare ma con posta salita a 938,4 milioni. Per i blocchi da 20 MHz le offerte migliori sono quelle di Wind Tre (235,74 milioni) e Iliad (102 milioni). Tirando le somme anche con la banda 700 già aggiudicata per 2,04 miliardi (676,5 milioni di euro di Iliad; 68o,2 milioni di Tim; 683,2 milioni di Vodafone Italia) e con quelle nella banda millimetrica ancora da assegnare, la telco al momento più “esposta” in termini di investimenti è Vodafone Italia (1,65 miliardi) seguita da Wind Tre (1,2 miliardi); Iliad (811 milioni), Telecom (713 milioni), Fastweb (32,6 milioni per un lotto nella banda millimetrica).
Per ora, ad asta in corso, sono cifre indicative. Tim è davvero disposta a rinunciare a queste frequenze ritenute centrali per lo sviluppo del 5G? La domanda ovviamente vale anche per gli altri. È così che i rilanci vanno verso l’alto e già ora il confronto con altre aste in Europa sembra dimostrare che le frequenze 5G saranno pagate a caro prezzo. Secondo numeri che circolano fra gli analisti nella banda 700 i 60 MHz di spettro in Italia andranno ai vincitori dietro un corrispettivo (in termini di prezzo per MHz) di 35,07 euro annui per mille abitanti, contro i 34,88 della Francia e gli 11,85 della Germania. Nella banda 3.5 GHz, in Uk per i 150 MHz di spettro l’aggiudicazione c’è stata a 6,60 euro annui per mille abitanti, contro i 7,56 della Spagna (200 MHz) ma sotto i 9,56 dell’Italia. Questo al valore di ieri, che non sarà l’ultimo.