PERSI DENTRO DON CHISCIOTTE
«Il film c’è già tutto... L’ho immaginato tanto spesso», così diceva Terry Gilliam in Lost in La Mancha. E così su queste pagine iniziava la recensione del film che Keith Fulton e Louis Pepe avevano girato nel 2001 sulla (mancata) lavorazione di The Man Who Killed Don Quixote, che lo stesso Gilliam aveva dovuto abbandonare l’anno prima. Il film sembrava esserci già, nascosto da qualche parte nel mondo sconfinato del cinema. C’era l’idea. Cerano i luoghi. C’erano gli attori. Jean Rochefort sarebbe dovuto essere lo ingenioso hidalgo, il fantasioso nobiluomo di inizio Seicento. Mancava solo un po’ di pellicola impressionata, tagliata, montata. Invece Jean Rochefort si ammalò, un nubifragio danneggiò i macchinari… Alla fine non se ne fece nulla.
Ora, ingenioso quanto il cavaliere di Miguel de Cervantes Saavedra, il regista settantottenne torna in Spagna, alla ricerca di quanto aveva immaginato diciotto anni fa. Il titolo non è cambiato: L’uomo che uccise don Chisciotte (Spagna, Belgio, Francia, Portogallo e Gran Bretagna, 2018, 132’). È cambiato il “tempo”. Il presente di allora oggi è il passato. Per riprendere quello che Gilliam e il cosceneggiatore Tony Grisoni fanno dire a un personaggio, nei nidi dell’anno passato possono o non possono nascere uccelli?
Affermato regista commerciale, Toby (Adam Driver) è in Spagna per realizzare uno spot. Come nel 2000 è successo a Gilliam, anche ora le riprese si interrompono e Toby ne approfitta per ritrovare i luoghi e gli attori di un suo piccolo film, girato da quelle parti dieci anni fa. Si trattava di una storia ispirata al cavaliere dalla triste figura, proprio come il suo spot di oggi. Se ne era dimenticato, ma un misterioso Gitano (Óscar Jaenada) gli ha dato un altrettanto misterioso dvd.
Dunque, un regista gira un film donchisciottesco che si rifà a un suo vecchio quasi-film donchisciottesco, e che racconta di un regista che gira un film pubblicitario donchisciottesco che duplica un suo vecchio film donchisciottesco… Il gioco di specchi è ingenioso e coinvolgente quanto le pale di un mulino spinte dal vento, e altrettanto vorticante e pericoloso. Contro queste pale si getta lancia in resta il buon Toby. Inforcata una moto come fosse un Ronzinante, corre verso il villaggio dove ha girato il suo Don Chisciotte. Il nome del villaggio è Los Sueños…
Là tutto sembra rimasto uguale. Le strade, i volti, gli uomini e le donne. Eppure niente è uguale, in primo luogo i sogni. La gioia ha lasciato il posto al rancore. Angelica (Joana Ribeiro), la Dulcinea di allora, si fa mantenere da Alexei (Jordi Mollà), un russo mafioso e violento. Solo il vecchio calzolaio che aveva impersonato Don Chisciotte (Jonathan Pryce) è rimasto dentro la sua parte, sempre certo della missione.
È generosa, la regia di Gilliam, qua e là più che generosa. Ed è generosa l’idea che si mostra dietro le (troppe) immagini, i (troppi) dialoghi, le (troppe) avventure, le (troppe) sentenze definitive. Il cinema, ecco l’idea, è terreno per autori che abbiano il coraggio ingenioso di don Chisciotte e che non si arrendano né a Boss né a mafiosi. A noi pare che questo sia sempre stato Gilliam, un grande, immaginifico don Chisciotte. Ma questo suo film sarebbe dovuto restare nascosto da qualche parte nel mondo sconfinato della sua e nostra immaginazione. Averlo girato è stato un po’ come cercare di far nascere uccelli in un nido perso nel passato.
«l’uomo che uccise Don Chisciotte» di Terry Gilliam In primo piano, Jonathan Pryce (Javier “Don Chisciotte”), Adam Driver (Toby Grisoni)