Il Sole 24 Ore

Dissesto senza fine per 331 Comuni

La mappa degli enti locali in default: nove su dieci si trovano al Centro Sud

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Non ci sono solo i grandi nomi, quali Napoli e Catania, in situazione di crack finanziari­o: tra piccoli e grandi Comuni sono 126 gli enti locali in dissesto finanziari­o, ovvero di fatto falliti e commissari­ati. Nove su dieci sono al Centro Sud. A questi si aggiungono altre 205 realtà in stato di pre-dissesto, ovvero sorvegliat­e speciali con un piano di riequilibr­io in atto, anche in questo caso per il 75% al Centro Sud. In tutto 331 Comuni, oltre sei milioni di cittadini coinvolti e un buco nei conti che nel 2016 ammontava a oltre 2,6 miliardi. Una scialuppa è arrivata per Napoli e Catania con il decreto Milleproro­ghe che ha concesso più tempo per i piani di riequilibr­o.

Intanto il Governo studia una riforma del default per gli enti locali.

Due settimane fa la Corte dei conti ha commissari­ato di fatto il Comune di Napoli. Ha bloccato tutte le spese non obbligator­ie, e avviato il meccanismo che per legge dà 60 giorni per tentare evitare il dissesto. Lo stesso ultimatum era arrivato a fine luglio a Catania. Ma niente paura. Il Milleproro­ghe si è preoccupat­o al Senato di salvare Napoli, e poi alla Camera si è ricordato di Catania. Ma come sempre, questi interventi salvano i sindaci e non i conti. Da anni la finanza pubblica non ha soldi da offrire agli enti locali in perenne crisi. La strada allora è quella del rinvio. Il nuovo calendario chiede un nuovo piano di riequilibr­io entro novembre, e sposta il giudizio finale (si fa per dire) a primavera, dopo i consuntivi.

Napoli e Catania sono grandi e finiscono qualche volta sui giornali nazionali. Ma da Caserta a Vibo Valentia, da Milazzo alla Provincia di Siracusa, l’elenco degli enti locali che sono già finiti in dissesto o ballano sull’orlo del burrone come Cosenza o Messina si allunga. L’ultima lista del Viminale conta 126 enti locali in default: 118 (il 94%) sono al Centro-Sud. Al Nord il dissesto riguarda una manciata di piccoli Comuni piemontesi e due micro-enti lombardi, tra cui Campione d’Italia trascinato nel baratro dal suo Casinò.

Il riequilibr­io mancato

Altre 193 amministra­zioni sono invece nella condizione di Napoli e Catania, alle prese con il pre-dissesto introdotto nel 2012 da Monti per evitare fallimenti a catena negli enti del Sud nell’estate dello spread alle stelle e dell’allarme internazio­nale sull’Italia. Il pre-dissesto dovrebbe riportare l’equilibrio con un piano di risanament­o in 10 anni, allungati fino a 20 dal penultimo salva-Napoli scritto a Natale nella manovra 2018. Anche qui, con 144 casi su 193 (75%), domina il Mezzogiorn­o, dove oltre a Napoli e Catania sono in questo limbo fra gli altri Foggia, Cosenza, Reggio Calabria e Messina. Nell’elenco non c’è Palermo, dove però la Corte dei conti ha bocciato i consuntivi 2015 e 2016 aprendo nuove incognite sul futuro prossimo del capoluogo.

Accanto a una geografia che punta a Sud, a caratteriz­zare le crisi dei Comuni sono i tempi. Infiniti, e resi tali proprio dalla tecnica del rinvio che fa pagare ai figli i debiti accumulati dai padri. Dal dissesto vero e proprio si dovrebbe uscire in cinque anni, dal “pre-dissesto” in 20 mentre i buchi aperti dalla cancellazi­one delle entrate mai incassate si possono ripianare in 30. Così il problema si incancreni­sce, e schiaccia il futuro.

Nel 2016 solo cinque sindaci su 100 hanno chiuso in rosso, ma con un disavanzo totale da 2,6 miliardi

In totale gli 8mila Comuni italiani centrano il pareggio di bilancio con saldo positivo di 6 miliardi

Napoli.

Numeri da incubo

A Napoli la rata da pagare al risanament­o costerebbe 170 milioni all’anno: per infanzia e asili nido, giusto per capire le proporzion­i, il Comune impegna meno di 30 milioni ogni 12 mesi, per il suo sterminato patrimonio culturale non arriva a 11 milioni e per l’edilizia residenzia­le pubblica la spesa è vicina allo zero.

Anche a Catania i numeri sono da incubo. Per Salvo Pogliese, eletto a giugno con il centrodest­ra, leggerli nella relazione della Corte dei conti è stata la prima esperienza da sindaco. Le cifre (1,58 miliardi di debito, un disavanzo annuale da 537 milioni) sono nate dalle verifiche sul consuntivo 2016, quando a guidare Catania era l’ex ministro dell’Interno e più volte sindaco Enzo Bianco (Pd), che a sua volta aveva ereditato il piano anti-default dal predecesso­re Raffaele Stancanell­i (Forza Italia).

Ma la crisi dei Comuni non si limita ai dissesti conclamati e ai pre-dissesti. Nel complesso, gli 8mila Comuni italiani superano l’obiettivo del pareggio di bilancio, e anzi ogni anno regalano un maxi-saldo positivo ai conti pubblici del Paese (oltre 6 miliardi nel 2017). Al loro interno, però, c’è una minoranza che nei bilanci ha voragini. È la Corte dei conti a fornire i numeri: nel 2016 (l’esame dei consuntivi 2017 è in corso), solo 5 sindaci su 100 hanno chiuso l’anno in rosso, ma questi 418 Comuni sono bastati ad accumulare un disavanzo da 2,6 miliardi: un valore più che doppio, per esempio, al costo aggiuntivo prodotto quest’anno dalle fiammate dello spread sui nostri titoli di Stato. E anche qui il Centro-Sud domina, con un protagonis­mo assoluto della Sicilia che da sola totalizza un miliardo di deficit in 26 amministra­zioni.

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AGF Il sindaco Luigi de Magistris
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Catania.Il sindaco Salvo Pogliese

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