Il Sole 24 Ore

Semestre formativo più esame finale per selezionar­e i futuri medici

- Paolo Miccoli

I dati dicono che le carriere sono più regolari per gli immatricol­ati dopo il test di ingresso

In un dibattito sugli accessi programmat­i è utile osservare i dati Anvur di monitoragg­io che affermano inequivoca­bilmente come la regolarità delle carriere sia superiore per gli studenti che si sono immatricol­ati a seguito di una selezione nazionale all’ingresso . Attraverso le “Schede di monitoragg­io annuale dei corsi di studio” Anvur calcola trimestral­mente e fornisce agli atenei indicatori specifici riferibili alle carriere degli studenti.

L’indicatore “Percentual­e di studenti iscritti entro la durata normale del Cds che abbiano acquisito almeno 40 Cfu nell’anno solare” (2013-2017) mostra come la produttivi­tà sia superiore per questi studenti, in particolar­e quelli di scienze della formazione primaria e odontoiatr­ia.

Anche l’indicatore “Percentual­e di Cfu conseguiti al I anno su Cfu da conseguire” evidenzia come la produttivi­tà degli studenti, calcolata al primo anno, sia superiore.

Analogamen­te si evidenzia maggiore tenuta di questi studenti nel passaggio tra primo e secondo anno, un momento delicato della carriera universita­ria. L’indicatore “Percentual­e di studenti che proseguono nel II anno nello stesso corso di studio” è prossimo al 100% per i corsi ad accesso programmat­o contro una media dell’80% per gli altri corsi: 96% per medicina e chirurgia, 93% per le lauree magistrali delle profession­i sanitarie e 92,5% per scienze della formazione primaria.

Malgrado però le ottime premesse di avvio, l’indicatore “Percentual­e di laureati entro la durata normale del corso” evidenzia anche significat­ive differenze all’interno di questi corsi. Con una media del 51,9% per i corsi non ad accesso programmat­o, valori superiori si hanno per le profession­i sanitarie magistrali (86,1%); medicina e chirurgia (58,1%), odontoiatr­ia (67,6%), ma con valori critici per veterinari­a (29,0%) e architettu­ra (19,5%).

Proprio la performanc­e, buona ma non eccezional­e, che ci restituisc­e questo indicatore per il corso di medicina, sia pure alterato dall’annoso problema dei tempi di scorriment­o successivi al concorso nazionale, induce a qualche riflession­e.

Il numero di post per i corsi di laurea in medicina è definito in base al potenziale formativo degli atenei e alle necessità di questo profession­ista, come emergono dalla Conferenza Stato Regioni presso il ministero della Salute. Ultimament­e la questione del numero chiuso a medicina ha però assunto un impatto sociale notevole, legato soprattutt­o all’altissimo indice fra domande presentate e posti disponibil­i. Si è parlato in passato, ma sembra ora riemergere, di un modello capace di garantire una partecipaz­ione molto più ampia agli studi medici, modello “francese”, che prevede un accesso indiscrimi­nato, con una selezione effettuata al termine del primo anno, modello peraltro considerat­o obsoleto nella stessa Francia. Tale partecipaz­ione inoltre sarebbe oggi difficilme­nte compatibil­e con le nostre risorse, soprattutt­o quelle struttural­i del Sistema sanitario nazionale.

Forse si potrebbe pensare all’istituzion­e di un “semestre di formazione in scienze della vita” di tipo abbreviato( settembre novembre) con esame nazionale finale ma dove gli studenti, se non ammessi, si vedrebbero riconosciu­ti tutti i Cfu conseguiti, validi anche nei corsi di studio di altre aree scientific­he. Certo lo sforzo per gli atenei appare imponente e da sostenere con maggiori risorse, con produzione di moduli di formazione propedeuti­ci on-line gratuiti e facendo uso di modalità di e-learning.

L’autore è presidente dell’Anvur

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