Gli attacchi hacker agli avvocati ora puntano anche ai piccoli
L’«International bar association», che si riunisce da domenica, lancia l’allarme cybersecurity - Pronte le linee guida con le strategie di difesa per gli studi minori
Tecnologia amica e, al tempo stessa, nemica dei legali. Saranno queste due facce della professione a tenere banco alla conferenza mondiale degli avvocati organizzata dall’Iba (International bar association) a Roma da domenica e fino al 12 ottobre.
Il meeting annuale delle associazioni mondiali dei legali - che si terrà per la prima volta in Italia - sarà una lunga maratona di oltre 200 eventi dedicati a tutti i rami del diritto. Ma tra questi un ruolo centrale è occupato appunto dai temi legati agli sviluppi tecnologici e anche alle sue conseguenze etiche (si veda l’intervista a fianco). Una rivoluzione neanche troppo silenziosa con la quale tutti gli avvocati stanno già facendo i conti. Insidie comprese.
Uno degli argomenti centrali della conferenza sarà la cybersecurity, ovvero la protezione delle informazioni dei clienti dai pirati informatici. L’associazione degli avvocati presenterà le proprie linee guida sul tema, dedicate soprattutto alle realtà di dimensioni medio-piccole. «Gli studi legali sono nel mirino degli hacker - anticipa Simon Walker, presidente della task force Iba sulla cybersecurity - ormai sono considerati l’anello debole della catena di chi detiene informazioni commerciali preziose». Difficile valutare l’ampiezza del fenomeno, perché nessuna azienda sotto attacco naturalmente ha interesse a diffondere la notizia per non spaventare i clienti.
Ma proprio i più piccoli sono anche i più vulnerabili. «Hanno barriere di accesso meno sofisticate - aggiunge Walker - e per questo sono prediletti dagli hacker: forse con un attacco non faranno tanti soldi, ma dovranno anche sforzarsi meno per violare i loro sistemi».
La risposta degli studi va organizzata su tre fronti: la tecnologia, l’organizzazione e la formazione di tutto il personale. Secondo l’Iba gli investimenti tecnologici non sono così ingenti: «In una scala di 14 misure da prendere - informa Walker - ai piccoli ne raccomandiamo solo quattro». Cruciale è soprattutto prepararsi a un attacco. Le line guida spiegano, ad esempio, che in ogni studio occorre creare una task force di avvocati che si attiva una volta tentata l’intrusione e che compie i primi, strategici, passi. Poi bisogna garantire a tutto il personale una formazione specifica, addestrarli a riconoscere le mail sospette e a tenere comportamenti prudenti. A cominciare dallo stop agli account di posta privata in ufficio.
Gli altri spunti
La conferenza Iba partirà con la cena del 7 ottobre, in pratica il giorno dopo la chiusura del congresso del Consiglio nazionale forense (si veda l’articolo in basso). Ad aprire i lavori lunedì 8 ottobre sarà Romano Prodi; a seguire oltre 200 tra workshop e panel. «Si parlerà molto delle applicazioni dell’intelligenza artificiale - anticipa Gianmatteo Nunziante, socio dello studio Nunziante Magrone e membro del management board di Iba -: le attività routinarie nel giro di pochi anni saranno svolte dai robot ed è inutile negare che si perderanno anche posti di lavoro».
Tra gli altri spunti anche il giro di vite sui consulenti fiscali, che oggi sempre più rischiano, per i consigli forniti ai clienti di essere coinvolti in prima persona e chiamati a rispondere anche penalmente. Tra i principali Paesi che hanno introdotto obblighi di comunicazione (disclosure) per gli advisor fiscali c’è il Regno unito. «Qui dal 2017, secondo il Criminal offence act, uno studio può essere considerato responsabile insieme con il cliente di evasione o elusione fiscale», spiega Clare Archer, capo del dipartimento fiscale di Penningtons Manches e membro del comitato fiscale Iba. La legislazione inglese sarà messa a confronto con altre esperienze in questo campo, compreso quelle italiane.
Gli interventi degli oltre 1400 esperti saranno ad ampio raggio: dall’anticorruzione (argomento affrontato dall’Ordine di Roma) all’antiriciclaggio, dai diritto umani ai grandi arbitrati internazionali.Ma oltre all’aggiornamento professionale, la conferenza è da sempre un’occasione per stringere rapporti commerciali e professionali: fitto anche il calendario degli eventi sociali e dei negoziati B2b.
Simon Walker. Presenterà a Roma le linee guida Iba per la cybersecurity: «La formazione di tutto lo staff è centrale: il 90% degli attacchi è dovuto a errori umani»
Il congresso Iba. Dal 7 al 12 ottobre Roma ospiterà la conferenza dell’International bar association che si svolgerà alla «Nuvola» dell’Eur (nella foto) . Attesi oltre 6mila partecipanti da 120 giurisdizioni diverse
intelligenza artifi«L’ciale
negli studi? È un vino vecchio in una botte nuova». Steven M. Richman, avvocato americano specialista per Clark Hill di contenzioso internazionale, si interessa da anni dei risvolti etici di programmi di intelligenza artificiale nella professione. Secondo lui l’avvento dei robot negli studi di fatto non cambia i fondamentali deontologici della professione, quelli che lui definisce appunto «il vino vecchio».
Per l’associazione degli avvocati americani (Aba) Richman è uno dei due presidenti del comitato etico. Al congresso Iba di Roma affronterà i risvolti deontologici dell’Ai in una sessione dal titolo: «Intelligenza artificiale: è tempo di una regolamentazione?».
Avvocato Richman, sono necessarie nuove regole per governare le applicazioni di intelligenza artificiale negli studi ?
Non credo che gli obblighi morali per un avvocato siano diversi. Già oggi i legali devono supervisionare il lavoro dei loro assistenti o delle funzioni date in outsorcing. Gli stessi principi devono guidare l’uso delle nuove tecnologie: l’avvocato è sempre responsabile, anche per il responso di un robot.
In che modo l’avvocato applica la deontologia all’Ai?
La prima regola è non essere pigri. Bisogna sforzarsi di capire le nuove tecnologie per proteggere i clienti. Non c’è differenza tra piccoli e grandi studi: tutti devono comprendere le potenzialità tecnologiche.
Quali sono le applicazioni più diffuse nella professione ?
C’è un discreto utilizzo di Ai nelle due diligence o nella contrattualistica.
Cosa pensa dei software predittivi in grado di anticipare addirittura i verdetti delle Corti o la brevettabilità di un oggetto?
Ci stiamo chiedendo se prima di essere utilizzati debbano passare dei test. In ogni caso dovrebbero essere analizzati a fondo per capire se e quanto siano strumenti validi. Quale spazio resta per gli avvocati? A noi resta l’istinto. Il software ti può dare un risultato che tu puoi però voler modificare per altre ragioni strategiche. Per questo l’avvocato deve sempre revisionare di persona i risultati di un’analisi condotta con l’intelligenza artificiale.
«Bisogna non essere pigri e sforzarsi, piccoli e grandi studi, di capire le nuove tecnologie per proteggere i clienti»