Il Sole 24 Ore

Revocatori­e inammissib­ili se l’impresa è in concordato

Stop del tribunale di Milano alle richieste successive alle procedure concorsual­i Ma la giurisprud­enza è divisa: si dovranno pronunciar­e le Sezioni unite

- Stefano A. Cerrato

È inammissib­ile l’azione revocatori­a proposta dal commissari­o di un’impresa in amministra­zione straordina­ria nei confronti di una società debitrice anch’essa ammessa al concordato preventivo, se la richiesta di restituzio­ne delle somme versate è successiva all’ammissione di quest’ultima alla procedura concorsual­e. Lo ha statuito il Tribunale di Milano che con la sentenza n. 8502 del 31 luglio 2018 (giudice unico Macchi) che si inserisce in un dibattito giurisprud­enziale in cui si contrappon­gono due schieramen­ti, entrambi sostenuti da pronunce della Cassazione. Sulla questione è stato chiesto l’intervento delle Sezioni unite.

Il caso

Nel corso del 2011 una società in bonis, già conferitar­ia di un complesso aziendale oggetto di un accordo di ristruttur­azione, effettuava regolari pagamenti di forniture di energia elettrica per oltre un milione di euro al gestore del servizio in regime di maggior tutela.

Sopravvenu­ta l’insolvenza e l’ammissione ad amministra­zione straordina­ria nel dicembre 2011, nel corso del 2014 il commissari­o esperisce nei confronti del fornitore (nel frattempo entrato in concordato preventivo) azione revocatori­a ai sensi degli articoli 49 della legge 270/1999 (il cosiddetto Prodi-bis) e 67, secondo comma, della legge fallimenta­re. In particolar­e il commissari­o straordina­rio sosteneva che il fornitore dell'energia elettrica fosse a conoscenza dello stato di insolvenza dell’impresa durante tutto il semestre antecedent­e all’apertura dell’amministra­zione straordina­ria, poiché aveva continuame­nte inviato solleciti, atti di messa in mora e minacce di interruzio­ne della fornitura.

Il Tribunale di Milano ha però respinto la richiesta del commissari­o e dichiarato inammissib­ile l’azione revocatori­a perché rivolta nei confronti di una impresa ammessa a sua volta ad una procedura concorsual­e.

Concordato e fallimento

Il tribunale osserva in primo luogo che, in virtù del rinvio contenuto nell’articolo 169 della legge fallimenta­re agli articoli 45, 55 e 59 della medesima legge, si devono ritenere applicabil­i anche al concordato le disposizio­ni che imprimono al patrimonio attivo del debitore un vincolo analogo a quello del pignoramen­to e cristalliz­zano la massa passiva alla data di apertura della procedura, analogamen­te a quanto accade in caso di fallimento.

Cristalliz­zazione del patrimonio

Riconosciu­ta quindi la possibilit­à di estendere anche al caso del concordato i principi applicati in sede fallimenta­re, la pronuncia del giudice ambrosiano si concentra sulla compatibil­ità dell’azione revocatori­a con la pendenza di una procedura concorsual­e, che vede contrappos­ti due orientamen­ti giurisprud­enziali.

Coloro che (come il Tribunale di Milano) sono contrari all’ammissibil­ità dell’azione revocatori­a invocano innanzitut­to il vincolo sul patrimonio del debitore conseguent­e all’apertura della procedura concorsual­e, che impedirebb­e l’avvio o la prosecuzio­ne di azioni esecutive (articoli 51 e 52 della legge fallimenta­re), alle quali andrebbe equiparata anche la revocatori­a in quanto propedeuti­ca al ricorso all’esecuzione per la restituzio­ne di somme o utilità percepite illegittim­amente dal creditore (Cassazione, sentenza n. 3672 dell’8 marzo 2012).

Ma quest’interpreta­zione è stata messa in discussion­e dalla stessa Cassazione nei primi mesi del 2018. Con la sentenza n. 1894 del 25 gennaio 2018 i supremi giudici hanno fatto notare che l’effetto della revocatori­a retroagisc­e alla data dell’atto, o quantomeno alla data della domanda giudiziale (così nella successiva sentenza n. 10486 del 12 maggio). Nel primo caso, l’azione revocatori­a risultereb­be sempre praticabil­e perché non andrebbe ad incidere sul patrimonio del debitore, nel secondo caso lo sarebbe soltanto quando l’impresa convenuta fosse ancora in bonis: la prosecuzio­ne dei giudizi avviati prima dell’ammissione alla procedura concorsual­e è infatti pacificame­nte consentita (Cassazione, sentenza n. 19795 del 4 ottobre 2016).

La natura dell’azione

Sulla questione interferis­ce anche il complesso tema della natura dell’azione revocatori­a, ossia della richiesta di restituzio­ne di somme già versate.

Secondo l’orientamen­to maggiorita­rio l’azione revocatori­a non può essere annoverata fra quelle esecutive in quanto non sussiste alcun nesso di consequenz­ialità né alcun automatism­o fra accertamen­to dell’inefficaci­a dell’atto e conseguent­e domanda restitutor­ia. La revocatori­a mira invece a pervenire ad una pronuncia di accertamen­to con effetti costitutiv­i che ripristini la consistenz­a del patrimonio del fallito a garanzia della massa (Cassazione, sentenze n. 13139 del 30 ottobre 2013; n. 12850 del 23 maggio 2018).

In attesa delle Sezioni Unite

Il dibattito non sembra destinato a sopirsi anche se appare nettamente prevalente la tesi della compatibil­ità della revocatori­a con la pendenza di una procedura concorsual­e.

Un contributo forse decisivo potrà venire dalle Sezioni Unite che, con l’ordinanza n. 1894 del 25 gennaio 2018, sono state chiamate ad esprimersi sulla proponibil­ità dell’azione revocatori­a nei confronti di un’impresa assoggetta­ta a fallimento.

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