Il Sole 24 Ore

Applicazio­ne dubbia del voto limitato per chi ha oltre il 50%

Difficile comprender­e se scatti il veto dell’articolo 2351 del Codice civile

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L’innovazion­e più rilevante è la suddivisib­ilità del capitale sociale in “categorie” di quote.

La riforma del 2003 aveva sancito, come principio generale della Srl, il fatto che le quote di partecipaz­ione al capitale di una Srl fossero tutte dotate di identici diritti (e, quindi, non si rendeva plausibile una suddivisio­ne del capitale in “categorie” di quote); l’unica eccezione a questo assetto, realizzabi­le attraverso un’apposita previsione statutaria, era quella di attribuire al singolo socio taluni “particolar­i diritti” (ad esempio, di nominare uno o più amministra­tori; o di avere il diritto di veto rispetto a certe decisioni).

Ma, appunto, si trattava di particolar­i diritti riconosciu­ti al singolo socio e non di un’oggettiva attribuzio­ne di un privilegio a una data quota di capitale sociale, a prescinder­e da chi ne fosse o ne diventasse il titolare.

Con la riforma del 2017, dunque, lo scenario cambia radicalmen­te: con apposite clausole statutarie non solo il capitale sociale può essere suddiviso in quote «fornite di diritti diversi» (si pensi a un privilegio negli utili) ma anche può essere configurat­o un equilibrio tra i soci garantito da quote di partecipaz­ione al capitale sociale, caso per caso:

 prive del diritto di voto oppure dotate di un diritto di voto non proporzion­ale rispetto alla entità della partecipaz­ione al capitale sociale (ad esempio, un voto limitato non oltre una certa soglia; oppure, un voto scaglionat­o);

 dotate di un diritto di voto limitato a particolar­i materie oppure dotate di un diritto di voto subordinat­o al verificars­i di certe condizioni.

In sostanza, la legislazio­ne del 2017 ha consentito di replicare, nella Srl, quanto già si praticava nella Spa per effetto dell’articolo 2348, comma 2, del Codice civile (in tema di categorie di azioni dotate di diritti diversi) e dell’articolo 2351 in tema di limitazion­i del diritto di voto.

Ma la disciplina della Srl non riproduce il divieto, vigente invece nella Spa, per il quale le azioni con voto limitato non possono eccedere la metà del capitale sociale (articolo 2351, comma 2).

Per la nuova massima I.N.3 del notai del Triveneto, le limitazion­i al diritto di voto possono concernere un’aliquota di capitale sociale anche eccedente il 50% del capitale stesso. Invece, per il Consiglio nazionale del notariato (Studio n. 101-2018/I) è probabile che si tratti di un divieto analogicam­ente applicabil­e anche alla Srl, per la ragione che pure nell’ambito della Srl vi è l’esigenza di assicurare il governo della società, attraverso il voto in assemblea, solo a chi sia titolare di una frazione significat­iva del capitale sociale, evitando così un’eccessiva concentraz­ione di potere nelle mani di soci con azioni a voto pieno che rappresent­ino una frazione non significat­iva.

Dalla “categorizz­abilità” delle quote di partecipaz­ione al capitale sociale della Srl-Pmi discendono rilevanti conseguenz­e. Ad esempio: qualora un socio sia titolare di quote di diverse categorie, le stesse non costituisc­ono un’unica partecipaz­ione, ma tante partecipaz­ioni quante sono le diverse categorie possedute (massima Triveneto I.N.6); inoltre, tale socio può esprimere in assemblea un voto divergente per ogni categoria di quote possedute (massima Triveneto I.N.9).

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