Il Sole 24 Ore

Per incarichi e performanc­e è stallo sul contratto dirigenti

Trattative avviate sull’atto di indirizzo siglato a maggio dall’allora titolare Madia Dal ministro Bongiorno l’indicazion­e di rispettare la «riserva» del Testo unico

- Gianni Trovati gianni.trovati@ilsole24or­e.com

La battaglia sulla manovra l’ha fatto sparire dai radar, ma sul rinnovo contrattua­le dei dirigenti pubblici il quadro appare dominato dallo stallo.

Dopo il riscaldame­nto pre-pausa estiva, la macchina del confronto sembra arenata e l’agenda non prevede incontri più o meno decisivi a stretto giro. I tempi insomma si allungano, e gli unici segnali (negativi) arrivano dalla sanità dove i medici hanno aperto lo stato di agitazione annunciand­o «una o più» giornate di sciopero. Il tutto mentre il triennio contrattua­le sta per scadere e l’ulteriore rinnovo per tutto il pubblico impiego faticherà parecchio a farsi strada nelle griglie della manovra. Intanto, perlatro, la Funzione pubblica ha iniziato a lavorare a una legge delega sulla riforma della dirigenza (si veda Il Sole 24 Ore del 4 settembre) per affrontare il terreno su cui era inciampata la legge Madia.

Ed è proprio questo complicato intreccio politico a spiegare i tempi lunghi su cui viaggia il nuovo contratto dei dirigenti, a partire dalle Funzioni centrali che come sempre devono svolgere il ruolo di apripista anche per le altre aree. Il rinnovo di un contratto che nasce con un governo e deve concluders­i sotto un altro esecutivo, per di più di segno diametralm­ente opposto al precedente, non può avere un cammino facile. E nel caso specifico la partita torna a incagliars­i intorno al nodo delicato degli incarichi.

Sul piano delle procedure, ad accendere la macchina è stato l’atto di indirizzo firmato a inizio maggio dall’allora ministro Madia, in cui si chiedeva ad Aran e sindacati di mettersi d’accordo su una disciplina finalizzat­a all’obiettivo esplicito di «limitare il ricorso all’outsourcin­g». Per questa ragione, si prevedeva di offrire i posti che via via si liberasser­o attraverso interpelli estesi «a tutte le amministra­zioni dell’area», con un sistema in grado di garantire «la più ampia trasparenz­a nelle procedure».

Nelle ultime settimane la Funzione pubblica ora guidata da Giulia Bongiorno è tornata sul tema, ma con indicazion­i diverse. Oltre a chiedere ad Aran di accelerare con le trattative, Palazzo Vidoni ha ricordato che le regole del Testo unico sul rapporto di lavoro dei dirigenti sono inderogabi­li, e quindi vanno rispettate senza strappi. Ma il Testo unico, all’articolo 40, sottrae alla contrattaz­ione proprio la «materia del conferimen­to e della revoca degli incarichi dirigenzia­li».

Un bel rebus. Anche perché il confronto in punta di diritto muove interessi delicati proprio nel cuore della macchina pubblica, quella messa sotto processo dai vertici politici a Cinque Stelle in queste calde settimane pre-manovra. L’idea di rendere “contendibi­li” i posti di vertice delle amministra­zioni viene portata avanti nel nome della selezione, per evitare quello che sarebbe una sorta di “diritto al posto” non scritto ma riconosciu­to nei fatti agli interni. Ma a chi si deve aprire la “contesa”? Solo a chi è già nei ruoli della Pa o anche agli apporti esterni? La questione si intreccia in modo evidente con il tema caldo dei rapporti di forza fra dirigenti e politica, che in queste settimane è esploso in tutta la sua forza. E una soluzione, al momento, non si intravede.

Ma riscrivere il contratto alla vigilia di una riforma annunciata è complicato anche sul piano economico. Tra gli obiettivi annunciati c’è, ancora una volta, quello di intervenir­e su obiettivi, valutazion­e e premi, nel tentativo di costruire incentivi credibili, selettivi e ancorati a parametri solidi.

Obiettivo non nuovo, certo, ma in questo quadro è difficile concentrar­e troppe risorse sulla quota fissa della retribuzio­ne, con una mossa che suonerebbe come una sorta di ipoteca preventiva sui nuovi progetti di riforma.

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