I vincoli sui premi complicano i conti del fondo decentrato
Il 30% da destinare ai risultati individuali prosciuga le altre voci
Il fondo delle risorse decentrate degli enti locali non presenta criticità solo in fase di costituzione. Il contratto nazionale del 21 maggio scorso, infatti, ha rivisitato anche le modalità di destinazione delle somme tra le diverse modalità di utilizzo nascondendo, qua e là, alcuni delicati equilibri che vanno annualmente verificati. Poiché la fase della contrattazione integrativa sta prendendo piede un po’ dappertutto, ecco i limiti e le percentuali che vanno attentamente monitorati.
Innanzitutto, come hanno già ricordato le istruzioni al Conto annuale contenute nella circolare 18/2018 della Ragioneria generale, gli impieghi del fondo non sono più divisi tra destinazioni erogate su risorse fisse e su risorse variabili, ma in un’unica casistica che è stata denominata «destinazioni sul Fondo dell’anno di riferimento». Questa novità prende spunto dall’articolo 68 del contratto nazionale che ha riscritto le modalità di possibile suddivisione delle somme a disposizione tra i diversi istituti contrattuali.
Il primo equilibrio è quello più semplice e scontato: l’ammontare che si può utilizzare deve essere pari alla somma che deriva dalla fase di costituzione del fondo in base alle regole dell’articolo 67. In ogni esercizio, però, alcune di queste somme si possono definire incomprimibili: le progressioni orizzontali storiche, l’indennità di comparto a carico del fondo, la maggiorazione dell’indennità del personale educativo e scolastico e l’eventuale qualifica ancora corrisposta ai dipendenti ex VIII livello.
Un’altra vecchia conoscenza è il secondo vincolo imposto dal contratto nazionale: se in contrattazione vengono proposte nuove progressioni orizzontali, devono trovare copertura nella parte stabile del fondo.
Le vere novità corrispondono alla necessità di disciplinare nel contratto nazionale quanto previsto dall’articolo 40 del Dlgs 165/2001, cioè l’obbligo, introdotto dal Dlgs 150/2009, di destinare una quota prevalente delle risorse alla performance. Lo scorso anno, con il Dlgs 75/2017, è stato precisato che la verifica va effettuata sulle sole risorse variabili. Ecco quindi la risposta del contratto.
Innanzitutto, la quota prevalente di queste risorse, ridotte dalle somme derivanti da disposizioni di legge, va destinata a: premi correlati alla performance organizzativa e individuale, indennità condizioni di lavoro, indennità di turno, indennità di reperibilità, maggiorazioni festive, specifiche responsabilità, indennità di funzione e indennità di servizio esterno. Fin qui non dovrebbero esserci problemi.
L’attenzione, però, è tutta sul quarto punto di equilibrio: almeno il 30% della parte variabile (sempre al netto delle somme da specifiche disposizioni di legge) va destinata alla performance individuale.
Questo è meno scontato, perché di fatto significa che non tutte le risorse variabili possono essere destinate alle indennità. Peraltro il meccanismo afferma implicitamente che sull’utilizzo delle risorse stabili non vi è invece alcun vincolo. Equilibrismi, insomma, che non aiuteranno a semplificare la prossima tornata contrattuale.