Aim, 353 milioni «parcheggiati» dai fondi nelle Spac
In media il 40% dei capitali raccolti dai 40 maggiori istituzionali è in stand by
Secondo i più critici sono semplicemente un posto dove «parcheggiare» l’abbondante liquidità ricevuta attraverso i Pir, per altri rappresentano comunque una modalità per investire (nel tempo) il denaro in Pmi italiane che sbarcheranno effettivamente in Borsa al termine di un processo di selezione operato da professionisti del settore. Comunque la si veda, l’apporto dei fondi di investimento alle Spac (le Special Purpose Acquisition Company appositamente costituite per reperire attraverso una Ipo risorse per acquisire società non quotate e favorirne l’accesso ai mercati dei capitali) è un fenomeno sempre più rilevante, che rischia di condizionare anche lo stesso ruolo dei Piani di risparmio.
Oltre il 40% del valore delle partecipazioni dei principali 40 fondi istituzionali presenti su Aim Italia riguarda proprio le Spac, che figurano anche esse fra le azioni quotate sul mercato di Borsa italiana destinato alle «piccole». Su di esse - rivela uno studio condotto da KT&Partners e presentato stamani durante la «Half time conference» che vede alcune delle Pmi quotate italiane incontrare la comunità finanziaria a Milano vengono dirottati infatti quasi 354 degli 855 milioni di euro complessivi investiti sul listino.
Sostenere che una quota simile dei Pir resti bloccata in attesa di destinazione nelle Spac sarebbe però un errore, perché la gran parte del denaro che viene destinata dai fondi all’azionario confluisce su società di taglia più grande rispetto alle (in alcui casi) micro-capitalizzazioni di Aim Italia. Ma anche perché il conteggio effettuato da KT&Partners comprende fondi esteri (Norges Bank, per esempio, è il decimo in ordine di grandezza) che non hanno Pir e perché non tutti gli investimenti degli italiani in Spac sono riferibili ai Piani di risparmio stessi. In ogni caso resta significativo il fatto che operatori del calibro di Mediolanum (in testa agli asset gestiti attraverso Pir) dirottino sulle Spac un terzo delle risorse investite su Aim Italia, mentre per Fideuram e Anima la quota salga addirittura rispettivamente al 50% e al 65 per cento.
Non si tratta tuttavia necessariamente di un fenomeno patologico, anzi. «È soprattutto una questione di offerta, visto che oltre il 90% degli 1,3 miliardi complessivamente raccolti su Aim Italia nei primi nove mesi del 2018 è andato verso le 7 Spac quotate», osserva Kevin Tempestini, Fondatore e Ceo di Kt&Partners, sottolineando anche come in fondo queste ultime rappresentino per l’investitore «un modo indiretto per partecipare alla quotazione delle società italiane e uno strumento che si muove in parallelo al canale principale, facilitando e velocizzando l’accesso al mercato per le stesse Pmi».
Del resto, la gran parte dei 3,7 miliardi raccolti dalle Spac a partire dal 2011 (il 73% dei quali negli ultimi 18 mesi) sono già stati impiegati e si sono «trasformati» in altrettante società quotate, con dimensioni fra l’altro non trascurabili e capitalizzazioni spesso superiori ai 100 milioni. «Resta da allocare poco meno di un miliardo, ma stando ai rumor di mercato 400 milioni sarebbero ormai in dirittura d’arrivo», assicura Simone Strocchi, managing partner di Electa e pioniere delle Spac in Italia. Denaro «parcheggiato» sì, ma non in eterno.