«Lo scontro Usa-Cina è commerciale e valutario»
Il segretario al Tesoro vuole che anche i cambi entrino nel negoziato con Pechino Lagarde: la guerra dei dazi può sottrarre l’1% alla crescita globale
L’11 ottobre a Bali, a margine del meeting dell’Fmi e del G20, il segretatio al Tesoro Usa, Steven Mnuchin, ha incontrato il Governatore della Banca centrale cinese Yi Gang affermando che anche i cambi devono entrare nel negoziato sul commercio in corso con Pechino.
L’11 ottobre il segretario al Tesoro Usa, Steven Mnuchin, ha incontrato il Governatore della Banca centrale cinese, Yi Gang, a Bali, a margine del meeting dell’Fmi e del G20. Mnuchin ha sollevato la questione valutaria, affermando che deve entrare nei negoziati in corso sul commercio e ha espresso preoccupazione per il recente deprezzamento dello yuan nei confronti del dollaro. Anche se il calo è alimentato in primo luogo dai rialzi della Fed, come ricordava ieri il direttore dell'Fmi, Christine Lagarde. Ma per Mnuchin, Pechino deve fare di più per riequilibrare le relazioni commerciali tra i due Paesi.
La presa di posizione arriva proprio quando il dipartimento del Tesoro, guidato da Mnuchin, si preparerebbe ad assolvere ancora una volta la Cina dall’accusa di pilotare i cambi per dopare il suo export. L’esame a cui i tecnici sottopongono ogni sei mesi la moneta di Pechino sarebbe infatti negativo: non ci sarebbe manipolazione. Ovviamente, lo yuan resta sorvegliato speciale. Il report dovrebbe arrivare sul tavolo del presidente Usa, Donald Trump, lunedì. Mnuchin potrebbe comunque decidere di modificarlo. La minaccia di bollare la Cina come “manipolatrice” dei tassi è stato uno dei cavalli di battaglia della campagna presidenziale di Trump. E le elezioni per il rinnovo del Congresso sono alle porte.
Sarebbe un passo ulteriore verso l’escalation che ieri il G20 dei ministri delle Finanze e dei governatori delle banche centrali non sono riusciti a risolvere. Né c’era da attenderselo. In conferenza stampa, l’argentino Nicolas Dujovne, presidente di turno, ha affermato che di fronte alle differenze che dividono i membri, il G20 può solo fornire una piattaforma per il dialogo, ma le questioni devono essere risolte direttamente dalle parti coinvolte.
In mattinata, Christine Lagarde aveva lanciato l’ennesimo appello a disennescare le tensioni, proponendo un nuovo multilateralismo dal volto umano, come arma contro i populismi e i nazionalismi. La crescita, ha spiegato Lagarde nel discorso all’assemblea plenaria del meeting di Bali del Fondo monetario e della Banca mondiale, ha lasciato indietro troppe persone, non c’è da meravigliarsi allora che in tanti sentano rabbia e frustrazione. Serve, ha ribadito Lagarde, un multilateralismo, più inclusivo, che metta i bisogni delle persone al centro».
Lagarde ha ricordato che l’esplosione di una guerra dei dazi rappresenta il principale rischio per l’economia globale, rappresentando l’innesco di una possibile nuova e dolorosa crisi finanziaria. L’escalation potrebbe ridurre la crescita mondiale dell’1 per cento. Quella degli Stati Uniti scenderebbe dello 0,9% e quella della Cina dell’1,6%.
Per scongiurare questo scenario, secondo Lagarde, serve allora un «nuovo multilateralismo, più inclusivo, capace di mettere i bisogni delle persone al centro».
Meno pessimisti, alcuni ministri e banchieri centrali europei. Per il ministro delle Finanze tedesco, Olaf Scholz, la strada non è segnata. «Tra Unione Europea e Stati Uniti - ha detto - ci sono positivi negoziati in corso, e questo non punta nella direzione di una escalation». E il governatore della Banca centrale tedesca, Jens Weidmann, anche lui a Bali, ha affermato che la frenata dell’economia globale è dovuta a un normale rallentamento dopo anni di esuberanza, piuttosto che alla conseguenza di una guerra commerciale.