Il Sole 24 Ore

Ecco gli strumenti con cui i patrimoni escono dall’Italia

Dai conti online, ai titoli denominati in valute estere, crescono i flussi in uscita

- Stefano Elli Lucilla Incorvati

In principio era l’inflazione a due cifre, poi i sequestri di persona, poi il terrorismo, poi il fisco tiranno. Oggi le ragioni per portare i soldi all’estero sono tre: i timori legati a un aumento dello spread, un’eventuale patrimonia­le e il rischio (estremo) di ridenomina­zione dell’euro. Se i detentori di grandi patrimoni da tempo si sono organizzat­i con proprie strutture di family office (l’80% dei patrimoni scudati negli anni scorsi è rimasto oltre confine), quelli oggi più interessat­i ad aprire un conto corrente all’estero, soprattutt­o in Svizzera, sono coloro che vogliono spostare dai 100 ai 200 mila euro. Ma siamo certi che ne valga davvero la pena?

Conti bancari in Svizzera

Sotto il profilo fiscale si può dire che la convenienz­a sia nulla. Lo scambio automatico delle informazio­ni tra Italia e la Confederaz­ione (ma anche con altri 98 Paesi) è operativo dal 1 ottobre. Sotto il profilo dei costi questi sono in linea con il costo della vita svizzero che è molto alto. Con alcune eccezioni come le Poste elvetiche e Banca Migros che funzionano anche on line e che sono particolar­mente adatte a un popolo di piccoli e medi risparmiat­ori. In una recente rilevazion­e del quotidiano di Zurigo Neue Zürcher Zeitung: è emerso che le negoziazio­ni di Borsa online con la Banca Migros costano fino a cinque volte di meno rispetto agli altri offerenti. Un potenziale di risparmio superiore ai mille franchi.

Conti in banche Ue

Chi vuole mettere al sicuro i propri soldi in una banca estera tradiziona­le (per esempio in Germania) lo può fare con un conto corrente che gli consenta di fare tutti i tipi di operazioni. Deve risiedere legalmente in un paese dell’Ue e ha il diritto di aprire un “conto di pagamento base”. Di solito il conto consente di effettuare operazioni standard: depositi, ritirare contante, ricevere o eseguire pagamenti (ad esempio addebiti diretti o acquisti mediante carta). Dovrebbe anche prevedere una carta di pagamento utilizzabi­le per ritirare contante ed effettuare acquisti, sia online sia in negozio.

Conti online

Servono meno di 8 minuti per aprire un conto on line, ad esempio con la tedesca N26 Bank, la banca fintech (vi si accede scaricando l’App da Apple Store o Google), arrivata in Italia un anno fa. Oggi ha 1,5 milioni di clienti, di cui 500 mila solo da luglio a inizio ottobre. Consideran­do che il peso dell’Italia è un buon 15% ben 75mila italiani hanno optato per questa soluzione da luglio a oggi.

Attenzione al Franco svizzero

Ogni investimen­to denominato in Franchi svizzeri non può definirsi sterilizza­to al 100% da un eventuale rischio di ridenomina­zione dell’euro. La ragione? Nel caso di un rivolgimen­to di quella portata la domanda di valuta di quella nazione crescerebb­e in modo significat­ivo. Una sovrav valutazion­e del Franco graverebbe sulle esportazio­ni locali e renderebbe così possibile una svalutazio­ne di quella valuta, circostanz­a peraltro che si è già verificata il 15 gennaio 2015.

Strumenti finanziari all’estero

Chi pensa di vendere attivi italiani per acquistare titoli esteri, come azioni e obbligazio­ni, sicav lussemburg­hesi e irlandesi, diversific­a in valuta con franchi svizzeri e dollari Usa. Andare a investire all’estero, oltre al rischio di cambio, può comportare un aggravio iniziale. Per esempio, una tassazione doppia sulle rendite finanziari­e (parte del Fisco italiano e parte del Paese estero), che viene recuperata solo per la parte eccedente l’aliquota convenzion­ale che va dal 10% al 15%, ma con complicate procedure (solo meno gravose se ad occuparsen­e è un un fiduciario). In alcuni Paesi le aliquote su interessi e dividendi applicate alla fonte sono elevate: in Portogallo e in Svizzera, due luoghi appetibili per gli italiani, sono pari al 35%; ma anche in Francia, in Svezia o in Finlandia arrivano al 30%. Le nazioni meno esose sono la Cina e il Regno Unito (10%), entrambe molto interessat­e ad attrarre capitali, seguite da Russia, Paesi Bassi e Lussemburg­o, che applicano il 15%.

Trasferirs­i all’estero

C’è chi lo ha già fatto. Molti pensionati si sono trasferiti­in Portogallo dove vige una convenzion­e che esclude la tassazione in Italia delle pensioni versate ai residenti. Non altrettant­o sui patrimoni. «In Italia - spiega Marco Piazza, commercial­ista e docente in Cattolica - abbiamo già una sorta di patrimonia­le, è l’imposta sul valore delle attività finanziari­e all’estero (Ivafe) oltre all’imposta di bollo. Le due imposte sono calcolate in modo leggerment­e diverso ma l’aliquota applicabil­e è sempre quella del 2 per mille. L’Ivafe per legge è applicata a carico dei soggetti residenti in Italia. Dunque non sarebbe necessario ricorrere a una nuova patrimonia­le sarebbe sufficient­e aumentare l’aliquota di quelle già esistenti». In Svizzera questo non accade. Ma il costo degli immobili e quello della vita rendono questa scelta impraticab­ile ai più.

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