Il Sole 24 Ore

L’imprendito­re apre il c/c in Belgio

- —Gi.Ch.

Due sere fa, a Bruxelles. Cena con amici italiani in una brasserie un po’ fuori mano. Al tavolo c’è anche un piccolo imprendito­re di una regione dell’Italia centrale. È arrivato il giorno prima per aprire un conto corrente in una banca belga. Con un amico già correntist­a è andato allo sportello. È stato semplice: bastano la carta d’identità italiana, un certificat­o di residenza e il codice fiscale. Non serve altro. L’unico vincolo che ha l’istituto belga, in quanto nel mercato unico europeo, è, appunto provare chi sei, in quale Stato membro dell’Unione hai la residenza e come ti identifica il fisco del tuo Paese. Così ad aprile di ogni anno possono inviare la comunicazi­one con i dati del tuo conto all’estero, come prevede la legge, per evitare che la libertà di circolazio­ne dei capitali nella Ue si traduca in un incentivo per i cittadini a sottrarsi al fisco del proprio Paese. Nulla di illegittim­o. Grazie all’home banking potrà continuare a gestire gran parte delle attività sul conto belga comodament­e dal suo ufficio o da casa. Solo una domanda dall’impiegato allo sportello: perché apre un conto in Belgio? «Sono un piccolo imprendito­re» è stata la risposta. Ma nessuna obiezione è arrivata quando l’uomo ha chiesto di aprire un conto personale. A breve, forse, aprirà anche un conto per l’impresa. L’istituto belga ci conta, ça va sans dire. «Sa - mi spiega mentre rientriamo in albergo - ho una decina di dipendenti e non vorrei trovarmi da un giorno all’altro senza la possibilit­à di pagare gli stipendi o i fornitori».

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy