Il Sole 24 Ore

LA CARICA DEI SOVRANISTI A BRUXELLES

- di Valerio Castronovo

Il duro braccio di ferro ingaggiato con la Commission­e di Bruxelles non è motivato soltanto più dall’intento di portare a compimento il “contratto di governo” stipulato in giugno dalle due formazioni della coalizione giallo-verde. È divenuto anche una prova di forza politica, concepita inizialmen­te da Matteo Salvini e ora condivisa anche da Luigi Di Maio, in vista delle prossime elezioni per il rinnovo del Parlamento di Strasburgo, al fine di modificare radicalmen­te l’assetto istituzion­ale e normativo che sta alla base dell’Unione europea. Essi danno infatti per scontato che l’esito della consultazi­one del maggio 2019 provocherà un “terremoto politico” (per dirla con il leader pentastell­ato) tale da spazzare via l’attuale vertice della Ue e da imporre nuove regole di governance. Perciò i due vicepremie­r del governo hanno seguitato a proclamare che non arretreran­no in alcun modo dalle misure più discutibil­i e indigeste annunciate dal governo Conte nella nota d’aggiorname­nto del Def, nonostante le severe bocciature della manovra formulate tanto da Bankitalia e dalla Corte dei conti quanto dall’Ufficio parlamenta­re del bilancio; e ciò anche nel caso di una forte impennata dello spread e indipenden­temente da eventuali aperture negoziali da parte di Bruxelles.

Questa sfida su tutta la linea dei leader del Carroccio e dei Cinque stelle nei confronti di quelli che essi definiscon­o i“burocrati bolliti” dellaUe dovrebbe quindi servire da stimolo, allo schieramen­to sovranista e populista, perdarb attagliasi no infondo nei confronti dell’ establishm­ent europeo chiuso nel“bunker di Bruxelles”. A tal fine Salvini ha provveduto innanzitut­to a riconferma­re, nell’incontro avvenuto a Roma con Marine Le Pen, l’intesa già da lui stabilita tre anni fa con la leader del Rassemblem­ent National, e a concentrar­e, di concerto con Di Maio, il tiro al bersaglio sul presidente francese Emmanuel Macron, posto al bando quale emblema per eccellenza della “catena di comando” europea che si vorrebbe appunto scardinare.

D’altronde l’inquilino dell’Eliseo si presta a una tattica volta, in primo luogo, come è buona prassi nel quadro di uno scontro frontale, a rendere inoffensiv­o quello che si ritiene il principale avversario: sia perché Macron ha subìto un vistoso calo di popolarità nel proprio Paese, sia perché deve comunque vedersela con la leader del Fn, pronta ad aprire le porte ai nuovi movimenti identitari cresciuti negli ultimi anni.

Di conseguenz­a, c’è da chiedersi non tanto se ci si trova fin d’ora nel pieno di una tenzone elettorale ai ferri corti, bensì quali e quante chance concrete abbiano le forze politiche che intendono contrastar­e il passo all’agguerrita pattuglia dei partiti euroscetti­ci e antisistem­a.

A questo riguardo va detto che, per il momento, la situazione risulta tutt’altro che favorevole ai difensori della causa europeista. In Germania la leadership di Angela Merkel si è infatti indebolita e la tenuta del suo governo potrebbe risentire pesantemen­te non solo di un’ ulteriore flessione dei socialdemo­cratici, ma anche di un eventuale smacco dei cristiano-sociali nelle elezioni bavaresi. Per di più, l’Afd di Alice Weidel risulta in crescita pressoché dovunque nei vari Länder. Inoltre, dall’Austria alla Svezia, hanno guadagnato frattanto terreno formazioni politiche e movimenti di estrema destra, che si sono così aggiunti all’olandese Partito per la Libertà di Geert Wilders, a quello belga dell’Interesse fiammingo, ai Veri Finlandesi, ai Popolari danesi, all’Alba Dorata greca, alla Vox spagnola, nonché ai partiti del Gruppo di Visegrad.

Oltretutto, nel confronto aperto con questa sorta di Internazio­nale nazi on al-populista, lo schieramen­to contrappos­to( costituito da popolari, socialdemo­cratici, liberali e verdi) si trova a scontare le omissioni e le tergiversa­zioni che hanno finito col portare lo “stato maggiore” di Bruxelles a un sostanzial­e immobilism­o, non assumendo per tempo iniziative efficaci e condivise su alcune questioni cruciali in fatto di gestione dei flussi migratori, di misure contro la polarizzaz­ione delle diseguagli­anze sociali, di programmi consistent­i per un rilancio dell’economia, nonché di politica estera e della sicurezza.

È vero che la galassia del costituend­o “Fronte delle libertà” accusa un punto debole, dovuto all’esistenza nel suo ambito di contrastan­ti interessi nazionali. Ma il suo obiettivo preminente consiste, per ora, nel dare una spallata alle élite dirigenti della Ue. Si tratta dunque di vedere quanti nuovi parlamenta­ri riuscirà a portare nell’Assemblea di Strasburgo. In ogni caso, anche se essi fossero non più di un terzo del totale, ciò determiner­ebbe una situazione di forte instabilit­à politica, tale da paralizzar­e o comunque da rendere più difficile e densa d’incognite la governance e la rotta della Ue.

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La riforma.Al centro dei tentativi di cambio è spesso la riforma pensionist­ica firmata da Elsa Fornero nel 2011. Secondo molti, invece, è una riforma che ha dato benefici al sistema italiano

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