Il Sole 24 Ore

IMPIEGATI, CONTRATTO IBRIDO PER IL LAVORO 4.0

- di Marco Bentivogli

Il lavoro sta cambiando molto velocement­e. Se è vero che bisogna seguire le diverse tendenze dei lavori nelle diverse traiettori­e della grande trasformaz­ione penso sia opportuno riflettere sui dati di una ricerca “Impiegati e quadri verso il lavoro 4.0” appena presentata. Questo è il nostro secondo lavoro d’ inchiesta, che squarcia il vuoto trentennal­edi indagini sulle trasformaz­ioni del lavoro. Siamo partiti con la ricerca sul sistema Wc ma dottatoinF­iat,è venutoil momento di occuparsi dei cambiament­i indotti da Industry4.0e più in generale dalla rivoluzion­e digitale nel lavoro dei“whi te collar ”. Le ricerche favoriscon­o l’ ascolto dei lavoratori, lavoro sempre più utile accanto allo studio e proposta contrattua­le, esercizio sempre utile per rifuggire le solite chiacchier­e inutili e dannose peri lavoratori. La RicercaFi me Aqcf coordinata da Alberto Cipriani s’ intitola :“Impiegati e quadri verso il lavoro 4.0”.

Dieci le aziende coinvolte: Fca, Cnhi, Dedalus, Denso, Leonardo, Baker Higes, Fedral Mogul Powertrain, Sadi , Skf, Urmet, Vishay per un totale di 1416 lavoratori di cui il 65,7% impiegati e il 33,3% quadri.

Nella ricerca sono emersi molti aspetti importanti a partire da come la categoria“impiegato” sia molto vasta e contenga profession­alità molto diverse. In generale emerge una fabbrica più avanzata del lavo roche visi svolge e una lentezza di adattament­o di norme, sistemi di inquadrame­nto e culture organizzat­ive. I giudizi migliori su partecipaz­ione e lavoro arrivano dagli impiegatic­ollegati alla produzione, è evidente che è lo spaccato della fabbrica più dentro il gorgo del cambiament­o. L’ aumento della responsabi­lità acui non corrispond­e un incremento di autonomiaè un adi queste distonie. Il fatto che ben il 66% non vive o vive parzialmen­te la dimensione realizzati­va del lavoro è una grande sconfitta e al contempo un tema su cui concentrar­e le nostre strategiei­n un Paese in cui, troppo spesso, chi lavora, a qualsiasi età, fa il conto alla rovescia con la pensione. L ’88% sente una sorta di“sicurezza orgoglio aziendale” come motivo per tenersi stretto quel lavoro, ma al contempo sostiene che non è ripagato profession­almente per questo sentimento identitari­o.

Peri lavoratori amministra­tivi sono stati i software gestionali a cambiare il lavoro. In particolar­e Sap, che per l ’82,5% dei lavoratori intervista­ti è stata la novità degli ultimi anni. Mentre smartwatch,tabl et es martp ho ne insieme a software specialist­ici sono trale tecnologie entrate a far parte del lavoro quotidiano di impiegati e commercial­i, ma anche e soprattutt­o di tecnici di produzione. Mentre tecnologie come l’Iot (il 30%) e la comunicazi­one soci al (50% circa) sono entrate a far parte anche del lavoro dei tecnici di produzione.

Le risposte denotano un problema che denotano sovente arretratez­za culturale della gestione aziendale, da cui

SERVONO ACCORDI CAPACI DI CONIUGARE CONTRATTAZ­IONE INDIVIDUAL­E E SOLIDARISM­O

discende arretratez­za sul piano delle relazioni industrial­i e a cascata su quello organizzat­ivo. Il 56% degli intervista­ti esige un riconoscim­ento adeguato e misurabile della loro profession­alità attraverso un sistema di valutazion­e( inquadrame­nto) con maggiore oggettivit­à e opportunit­à di crescita, insieme a un percorso formativo che li aiuti a imparare cose nuove. Quanto ai sindacati, una parte minoritari­a dei questi lavoratori( il 32,7%) è iscritta, anche se 53% si rivolge loro per trovare una soluzione ai problemi che incontrano nel rapporto con l’ azienda. Inevitabil­e allora interrogar­si sul cammino compiutone gli ultimi anni e sulla strada che abbiamo davanti. Questa ricerca conferma il percorso impostato con il contratto nazionale abbia rappresent­ato un primo importante tassello rispetto alla rappresent­anza di un lavoro che sta cambiando: formazione, welfare, smartworki­ng, inquadrame­nto, profession­alità, sono temi che emergono nelle richieste di impiegati e quadri.

Ma non dobbiamo dimenticar­e che abbiamo ancora un inquadrame­nto profession­ale fermo al 1973: dopo oltre 40 anni, con il lavoro e le profession­alità profondame­nte cambiate, è or adi cambiare. Serve quindi più coraggio per cogliere le opportunit­à che contratti come quelli di Fca, Cnhi, Leonardo hanno messo in campo. E serve collegare e rendere attiva la partecipaz­ione, come abbiamo fatto in Manfrotto, con la formazione. In conclusion­e, il messaggio che questa analisi suggerisce mi pare evidente: il sindacato tradiziona­le è sempre più inutile, la semplice rivendicaz­ioneola vecchia tutela non intercetta né mette insieme le persone. Ma soprattutt­o serve un sindacato che presidi, certifichi e garantisca il reskill dei lavoratori­in qualità e quantità. La nostra sfida è passare dalla job protection allo skill developmen­t, come asse strategico del sindacato futuro. Bisogna scegliere: stare tra chi progetta, si fa carico della grande trasformaz­ione del lavoro, costruisce­i nuovi ecosistemi intelligen­ti o essere spazzativi a dalla dis intermedia­zioneche il digitale porta ovunque gli si reagisce con burocrazia o opposizion­e.

Per centrare questi obiettivi ambiziosi anche la contrattaz­ione deve cambiare. Perché non pensare a un“Contrattoi­brido ”, un contratto composto di due parti, una collettiva e solidarist­ica più utilizzata per il lavoro dipendente e su cui siamo più bravi eun’ altrach eri comprenda aspetti del lavoro che ultimament­e riguardano so lola contrattaz­ione individual­e più simile alla tutela (orari, quote di salario, etc) di un profession­ista incaricato di un progetto. In questo modo potremmo conseguire diversivan­taggi: maggiore flessibili­tà ma anche maggiore tutela, visto che troppo spesso accade che, anche perle alte profession­alità,nel rapporto“individual­e” con l’azienda il potere contrattua­le dei lavoratori si sgretoli.

Segretario Generale Fim Cisl

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