Il caso Khashoggi imbarazza Trump
Il Congresso vuole che sia fatta luce sul giornalista saudita ucciso a Istanbul
Il caso Jamal Khashoggi sta mettendo in imbarazzo anche l’Amministrazione Trump. La Casa Bianca, che ieri ha festeggiato la liberazione in Turchia del pastore evangelico Andrew Brunson, ha raccolto ieri - secondo indiscrezioni raccolte dalla Reuters - le preoccupazioni dell’industria bellica, che teme il blocco delle intese con l’Arabia Saudita da parte del Congresso.
I democratici, sostenuti da alcuni repubblicani, hanno espresso perplessità su alcune commesse di fronte al caso del giornalista saudita critico del regime di Riad, ucciso nel consolato del suo Paese in Turchia dove era andato, il 2 ottobre, per ottenere i documenti per il matrimonio. Il Congresso, che ha già messo “on hold” quattro accordi per la guerra nello Yemen, potrebbe ora estendere le sue riserve. Il Senato ha inoltre chiesto che l’Amministrazione Usa conduca una propria inchiesta sull’accaduto, come previsto dal Global Magnitsky Act, la legge varata contro le violazioni dei diritti umani russe. Non è emerso il nome delle aziende che hanno fatto pressioni sulla Casa Bianca, ma è noto che Lockheed Martin e Raytheon sono le più attive in Arabia Saudita.
Il presidente Donald Trump sarebbe molto preoccupato: la cancellazione delle intese con l’Arabia Saudita potrebbe spingere il suo miglior alleato della regione dopo Israele, nel confronto con l’Iran, tra le braccia di Russia e Cina. Anche per questo motivo Washington, sfidando l’opinione pubblica, sta fornendo armi e supporto logistico alla campagna contro i ribelli yemeniti. D’altra parte, come gli hanno fatto notare alcuni senatori del suo partito, l’inazione della Casa Bianca potrebbe essere vista come una sorta di luce verde agli omicidi politici del regime di Riad. «Ci sono altre cose che si possono fare» nel caso in cui le accuse fossero provate, ha detto il presidente, anche se non è andato oltre. Quel che si sa, ha aggiunto, è che Khashoggi «è entrato e non sembra sia uscito».
L’imbarazzo è tale che sono stati necessari sei giorni prima che il segretario di Stato Michael Pompeo invitasse i sauditi a «sostenere un’ampia indagine» sull’accaduto. Non mancano infatti, sullo sfondo, delicate questioni familiari: il genero di Trump, Jared Kushner, che è anche consulente del presidente, ha stretti rapporti personali con il principe della corona, e capo di stato di fatto Mohammed bin Salman. Il segretario al Tesoro Steve Mnuchin, in ogni caso, pensa di partecipare alla Conferenza sugli investimenti di Riad, la Davos del deserto, nonostante molti top manager e media saranno assenti.
La Francia - come di consueto in questa fase in cui cerca di consolidare una presenza non solidissima in Medio Oriente - ha subito tentato di sfruttare l’imbarazzo Usa: il presidente Macron ha annunciato pressioni sulle autorità saudite e turche perché emerga la verità.
Riad respinge totalmente le accuse, e insiste nel dire che il giornalista è uscito dal consolato, vivo, poco tempo dopo il suo arrivo. Secondo il Washington Post, invece, il governo turco avrebbe acquisito audio e video delle torture a cui Khashoggi sarebbe stato sottoposto. Una delegazione è giunta giovedì in Turchia per collaborare alle indagini. Alla sua guida il principe Khaled, governatore della Mecca e consulente speciale di Salman.