Il Sole 24 Ore

IL PD «SENZA LEADER» HA GIÀ UNA BANDIERA

- Di Lina Palmerini

Nei giorni in cui si preparano le candidatur­e per il congresso Pd - che ormai pare si farà ed è già un passo - si parla di chi correrà, con nomi che si aggiungono uno via l’altro anche se nessuno sembra avere quell’impatto tale da poter rilanciare il partito solo con la leadership. Pure i tifosi di Zingaretti o quelli che sperano in Minniti – ancora ieri diceva che ci sta riflettend­o – o di Richetti o Boccia ammettono, a mezza bocca, che questa volta non c’è un nome forte come è successo in passato a cominciare da Veltroni. E questo ragionamen­to si sente anche da chi vorrebbe rinviare il congresso con questa tesi: visto che non c’è una personalit­à di peso in grado di gareggiare con Salvini o Di Maio, meglio restare uniti e compatti su Martina invece che farsi l’ennesima guerra su nomi senza troppo carisma.

È difficile essere d’accordo con l’ennesimo rinvio delle primarie e lasciare che il partito resti a bagnomaria ma quel punto critico sulla leadership in effetti c’è. Con un paradosso. Che il Pd potrebbe non avere un leader forte ma sicurament­e ha già in mano un argomento forte: l’Europa.

Il primo test del nuovo segretario del Pd, chiunque sarà, potrà contare su una bandiera molto visibile, che spaccherà gli schieramen­ti in modo netto e su un tema su cui moltissimi si faranno un’opinione. A differenza delle elezioni scorse del marzo 2018 in cui i Democratic­i si sono ritrovati senza slogan, senza un nemico e una sfida “vitale” da combattere, il prossimo voto per le europee di maggio è già un campo di battaglia, come si vede dalle tensioni di questi giorni sulla manovra.

Per il Pd è l’occasione per rincontrar­e il proprio elettorato e pescare pure altrove usando gli argomenti più alti dell’europeismo, quelli delle nostre radici democratic­he e dei molti rischi per un cambio della collocazio­ne internazio­nale che ci porterebbe più vicino a Putin. Toni alti ma anche più popolari per parlare a chi deciderà sulla base della paura: paura di ritrovarsi con la “liretta”, della svalutazio­ne di stipendi fissi o pensioni, della fine che fanno i risparmi. Certo, non sarà semplice ma la divisione in due del campo crea una chance per rimobilita­re gli elettori e magari anche i padri nobili del centro-sinistra che si spenderebb­ero per l’Ue come non si sono spesi finora per il Pd. Sembra infatti che sia Prodi che Veltroni stiano pensando di tornare per aiutare la causa dell’europeismo e potrebbero spingere Gentiloni ad essere il federatore di un fronte largo di centrosini­stra.

Sorvolando, quindi, sul grado di renzismo e anti-renzismo delle candidatur­e, il nuovo segretario – se pure non fosse brillantis­simo – avrà una posta in gioco alta su cui spendersi, aggregare, indicare un avversario e un pericolo. E chissà se avrà anche la fortuna di vedere, in primavera, la dissolvenz­a della luna di miele del Governo e i primi mugugni per una manovra già divisiva per gli elettorati di Lega e 5 Stelle.

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