IL PD «SENZA LEADER» HA GIÀ UNA BANDIERA
Nei giorni in cui si preparano le candidature per il congresso Pd - che ormai pare si farà ed è già un passo - si parla di chi correrà, con nomi che si aggiungono uno via l’altro anche se nessuno sembra avere quell’impatto tale da poter rilanciare il partito solo con la leadership. Pure i tifosi di Zingaretti o quelli che sperano in Minniti – ancora ieri diceva che ci sta riflettendo – o di Richetti o Boccia ammettono, a mezza bocca, che questa volta non c’è un nome forte come è successo in passato a cominciare da Veltroni. E questo ragionamento si sente anche da chi vorrebbe rinviare il congresso con questa tesi: visto che non c’è una personalità di peso in grado di gareggiare con Salvini o Di Maio, meglio restare uniti e compatti su Martina invece che farsi l’ennesima guerra su nomi senza troppo carisma.
È difficile essere d’accordo con l’ennesimo rinvio delle primarie e lasciare che il partito resti a bagnomaria ma quel punto critico sulla leadership in effetti c’è. Con un paradosso. Che il Pd potrebbe non avere un leader forte ma sicuramente ha già in mano un argomento forte: l’Europa.
Il primo test del nuovo segretario del Pd, chiunque sarà, potrà contare su una bandiera molto visibile, che spaccherà gli schieramenti in modo netto e su un tema su cui moltissimi si faranno un’opinione. A differenza delle elezioni scorse del marzo 2018 in cui i Democratici si sono ritrovati senza slogan, senza un nemico e una sfida “vitale” da combattere, il prossimo voto per le europee di maggio è già un campo di battaglia, come si vede dalle tensioni di questi giorni sulla manovra.
Per il Pd è l’occasione per rincontrare il proprio elettorato e pescare pure altrove usando gli argomenti più alti dell’europeismo, quelli delle nostre radici democratiche e dei molti rischi per un cambio della collocazione internazionale che ci porterebbe più vicino a Putin. Toni alti ma anche più popolari per parlare a chi deciderà sulla base della paura: paura di ritrovarsi con la “liretta”, della svalutazione di stipendi fissi o pensioni, della fine che fanno i risparmi. Certo, non sarà semplice ma la divisione in due del campo crea una chance per rimobilitare gli elettori e magari anche i padri nobili del centro-sinistra che si spenderebbero per l’Ue come non si sono spesi finora per il Pd. Sembra infatti che sia Prodi che Veltroni stiano pensando di tornare per aiutare la causa dell’europeismo e potrebbero spingere Gentiloni ad essere il federatore di un fronte largo di centrosinistra.
Sorvolando, quindi, sul grado di renzismo e anti-renzismo delle candidature, il nuovo segretario – se pure non fosse brillantissimo – avrà una posta in gioco alta su cui spendersi, aggregare, indicare un avversario e un pericolo. E chissà se avrà anche la fortuna di vedere, in primavera, la dissolvenza della luna di miele del Governo e i primi mugugni per una manovra già divisiva per gli elettorati di Lega e 5 Stelle.