«Dal reddito di cittadinanza rischio occupazione»
I commercialisti: la misura può incentivare l’addio a lavori precari o part time
L'effetto combinato della flat tax, almeno nella versione light allo studio del governo, e del reddito di cittadinanza potrebbe rivelarsi un boomerang sulla strada della crescita del prodotto interno. Se la tassa piatta al 15% per redditi fino a 65mila euro potrebbe indurre una consistente fascia di professionisti ad abbassare più o meno effettivamente il fatturato (si veda Il Sole 24Ore di ieri) per evitare distorsioni evidenti di progressività fiscale, il reddito di cittadinanza potrebbe addirittura incentivare l'abbandono di lavori precari o part time per favorire un incremento del sommerso, prestandosi a facili abusi.
Nella due giorni di convegno nazionale di Agrigento, i commercialisti lanciano un nuovo appello al governo per la messa a punto di riforme che non finiscano per determinare un'inopinata eterogenesi dei fini.
«In via di principio, la scelta politica orientata all'aiuto dei cittadini non è criticabile - ha detto il delegato alle tematiche del lavoro, Roberto Cunsolo - ma non possono essere sottaciute le nostre preoccupazioni in ordine agli effetti collaterali generati dall'attuazione delle misure annunciate.Gli operatori del mercato e le categorie professionali hanno bisogno di risposte politiche volte a recuperare il senso pieno della cittadinanza andando oltre logiche assistenzialistiche».
Secondo i commercialisti il reddito di cittadinanza rischia di disincentivare l'offerta di lavoro di chi non lavora, perché accresce il reddito, nello stato di non-occupazione, dei lavoratori a basso reddito beneficiari del reddito di cittadinanza, ad esempio i part-time o i temporanei, per i quali sussisterebbe un “effetto sostituzione” dovuto sia alla riduzione del beneficio per ciascun euro in più di reddito da lavoro sia a un'eventuale diversa tassazione rispetto al beneficio stesso. Senza dimenticare quei lavoratori che, in base al reddito da lavoro, non risulterebbero beneficiari del reddito di cittadinanza, ma che potrebbero accedervi riducendo la quantità di ore lavorate.
Stando ai dati Istat, il lavoro irregolare in Italia rappresenta il 4,7% del Pil, con un tasso medio che si attesta al 13,3 per cento. Secondo il rapporto annuale 2017 dell'attività di vigilanza , i lavoratori in nero accertati sono stati 48.073 a fronte di 160.347 aziende ispezionate, ovvero un lavoratore in nero per ogni tre aziende ispezionate. I contributi recuperati dall'Ispettorato nazionale del lavoro ammontano a 1.100.099.932 euro. «In questo contesto - ha proseguito Cunsolo - ci sono concreti rischi di indebita percezione del reddito di cittadinanza. Il Governo ha annunciato l'irrigidimento del regime di condizionalità ed il potenziamento dei servizi per l'impiego, ma in tal senso le rassicurazioni non sembrano sufficienti, se si pensa che nei 501 centri per l'impiego diffusi in ambito regionale sono occupati complessivamente 7.934 dipendenti, di cui solo in Sicilia 1.737, ben al di sotto delle media degli stati europei che si distinguono per servizi pubblici all'impiego efficienti».