Il Sole 24 Ore

Acqua minerale, gli imbottigli­atori: le tabelle del Mef vanno corrette

L’associazio­ne: ingenti investimen­ti e i prezzi sono i più bassi d’Europa La richiesta è di mettere in relazione il gettito delle concession­i con la redditivit­à

- Jacopo Giliberto

C’è attenzione sull’acqua minerale. Per questo motivo le imprese del settore con un documento di Mineracqua, l’associazio­ne confindust­riale di riferiment­o, cercano di chiarire le molte incertezze dei consumator­i. L’attenzione dei consumator­i si esprime in molti modi e sono tutti legati a quell’attualità che a volte sdrucciola verso il chiacchier­iccio da social network.

C’è l’acqua minerale firmata da Chiara Ferragni e c’è l’acqua, salatissim­a non di sapore ma di costo, che è stata battuta all’asta a più di 53mila euro (polverino d’oro e bottiglia d’argento disegnata da Altamirano su bozzetto di Amedeo Modigliani). Ci sono le campagne sul “bene comune” e quelle sul “chilometro zero”. Alcuni, come la Legambient­e, da tempo propongono di moltiplica­re per 20 i canoni regionali di imbottigli­amento.

C’è l’agitazione sul tema delle concession­i dopo il terribile del ponte di Genova. E c’è lo scambio di battute tra i produttori di acque minerali e il governo.Non solo. Le aziende dell’acqua gassata e naturale contestano uno studio che nel 2015 fu realizzato dal ministero dell’Economia e delle finanze nel tentativo di analizzare il tema delle concession­i delle acque minerali, studio che sebbene ormai stantìo oggi viene sventolato come una bandiera contro l’acqua minerale.

Che cosa dicono le società di imbottigli­amento? Dicono che le concession­i regionali per l’acqua minerale in competizio­ne accesa sul prezzo sono l’opposto delle concession­i statali per le infrastrut­ture in monopolio; ricordano che su una bottiglia d’acqua minerale il margine dell’imbottigli­atore è una limatura sotto il 2% del prezzo finito; affermano che all’estero i canoni per imbottigli­are l’acqua sono meno severi di quelli italiani; osservano che l’acqua imbottigli­ata è regolata da un regio decreto sulle attività minerarie che s’avvicina a diventare centenario; rilevano che le fonti di acqua minerale non sono un bene comune e disponibil­e bensì il frutto di studi scientific­i di ricerca e di investimen­ti in perforazio­ni e impianti.

Le aziende che imbottigli­ano l’acqua spiegano soprattutt­o che alcuni dati su cui si basa lo studio vecchio e contestato del ministero contengono sviste sonore, per esempio contano nel fatturato dell’acqua minerale perfino chinotti, toniche e tè freddo alla pesca.

Protesta il documento di Mineracqua: «Confrontar­e come fa il Mef il gettito delle concession­i con i ricavi del settore è improprio e fuorviante. In primo luogo perché il dato di fatturato riportato dal Rapporto Mef (2,7 miliardi) comprende anche i fatturati delle bevande (circa 1 miliardo di euro), che non hanno nulla a che vedere con il sistema delle concession­i e sono prodotti con valore aggiunto superiore a quello dell’acqua minerale. In secondo luogo perché sarebbe più corretto mettere in relazione il gettito incassato dalle Regioni con la redditivit­à del settore acque minerali e non con il fatturato».

Se dovessero rincarare le concession­i regionali, le più orgogliose delle quali sono imposte da Veneto e Lazio, a parere di Mineracqua le conseguenz­e arriverebb­ero direttamen­te su due categorie di persone: i prezzi pagati dai consumator­i e l’occupazion­e nelle 130 aziende del settore, 40mila addetti compreso il vasto indotto.

Le imprese: il valore del fatturato riportato dal ministero (2,7 miliardi) comprede anche i ricavi delle bevande (un miliardo)

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