Acqua minerale, gli imbottigliatori: le tabelle del Mef vanno corrette
L’associazione: ingenti investimenti e i prezzi sono i più bassi d’Europa La richiesta è di mettere in relazione il gettito delle concessioni con la redditività
C’è attenzione sull’acqua minerale. Per questo motivo le imprese del settore con un documento di Mineracqua, l’associazione confindustriale di riferimento, cercano di chiarire le molte incertezze dei consumatori. L’attenzione dei consumatori si esprime in molti modi e sono tutti legati a quell’attualità che a volte sdrucciola verso il chiacchiericcio da social network.
C’è l’acqua minerale firmata da Chiara Ferragni e c’è l’acqua, salatissima non di sapore ma di costo, che è stata battuta all’asta a più di 53mila euro (polverino d’oro e bottiglia d’argento disegnata da Altamirano su bozzetto di Amedeo Modigliani). Ci sono le campagne sul “bene comune” e quelle sul “chilometro zero”. Alcuni, come la Legambiente, da tempo propongono di moltiplicare per 20 i canoni regionali di imbottigliamento.
C’è l’agitazione sul tema delle concessioni dopo il terribile del ponte di Genova. E c’è lo scambio di battute tra i produttori di acque minerali e il governo.Non solo. Le aziende dell’acqua gassata e naturale contestano uno studio che nel 2015 fu realizzato dal ministero dell’Economia e delle finanze nel tentativo di analizzare il tema delle concessioni delle acque minerali, studio che sebbene ormai stantìo oggi viene sventolato come una bandiera contro l’acqua minerale.
Che cosa dicono le società di imbottigliamento? Dicono che le concessioni regionali per l’acqua minerale in competizione accesa sul prezzo sono l’opposto delle concessioni statali per le infrastrutture in monopolio; ricordano che su una bottiglia d’acqua minerale il margine dell’imbottigliatore è una limatura sotto il 2% del prezzo finito; affermano che all’estero i canoni per imbottigliare l’acqua sono meno severi di quelli italiani; osservano che l’acqua imbottigliata è regolata da un regio decreto sulle attività minerarie che s’avvicina a diventare centenario; rilevano che le fonti di acqua minerale non sono un bene comune e disponibile bensì il frutto di studi scientifici di ricerca e di investimenti in perforazioni e impianti.
Le aziende che imbottigliano l’acqua spiegano soprattutto che alcuni dati su cui si basa lo studio vecchio e contestato del ministero contengono sviste sonore, per esempio contano nel fatturato dell’acqua minerale perfino chinotti, toniche e tè freddo alla pesca.
Protesta il documento di Mineracqua: «Confrontare come fa il Mef il gettito delle concessioni con i ricavi del settore è improprio e fuorviante. In primo luogo perché il dato di fatturato riportato dal Rapporto Mef (2,7 miliardi) comprende anche i fatturati delle bevande (circa 1 miliardo di euro), che non hanno nulla a che vedere con il sistema delle concessioni e sono prodotti con valore aggiunto superiore a quello dell’acqua minerale. In secondo luogo perché sarebbe più corretto mettere in relazione il gettito incassato dalle Regioni con la redditività del settore acque minerali e non con il fatturato».
Se dovessero rincarare le concessioni regionali, le più orgogliose delle quali sono imposte da Veneto e Lazio, a parere di Mineracqua le conseguenze arriverebbero direttamente su due categorie di persone: i prezzi pagati dai consumatori e l’occupazione nelle 130 aziende del settore, 40mila addetti compreso il vasto indotto.
Le imprese: il valore del fatturato riportato dal ministero (2,7 miliardi) comprede anche i ricavi delle bevande (un miliardo)