Il Sole 24 Ore

Alitalia, da Fs arriva proposta d’interesse

Tria: «Di cosa fa il Tesoro ne parla il ministro, e io non ne ho parlato»

- Giorgio Pogliotti

«Io penso che delle cose che fa il Tesoro debba parlarne il ministro dell’Economia. Io non ne ho parlato». Così il ministro dell’Economia e delle Finanze Giovanni Tria, in merito all’ipotesi di ingresso del Mef nel capitale di Alitalia con una quota del 15%. Intanto le Fs Italiane hanno presentato ieri una manifestaz­ione di interesse per Alitalia.

In vista della scadenza del 31 ottobre, sul rilancio di Alitalia a trazione pubblica si consuma un nuovo conflitto tra i ministri Tria (Mef) e Di Maio (Mise) nella giornata in cui le Fs hanno presentato ai commissari dell’ex compagnia di bandiera una manifestaz­ione di interesse (non vincolante). Nei piani del titolare del Mise, una volta individuat­a l’azienda o le aziende a partecipaz­ione pubblica che entreranno nella newco con una dotazione iniziale di 1,5-2 miliardi, partecipat­a dal Mef intorno al 15% attraverso la conversion­e in equity di parte del prestito ponte da 900 milioni, si cercherà un partner industrial­e internazio­nale (i rumors danno come favorita al momento l’americana Delta), con un ruolo centrale affidato a Cdp per finanziare gli investimen­ti per l’acquisto o il leasing degli aerei da impiegare per lo sviluppo del lungo raggio.

Ma questo scenario tracciato dal vicepremie­r Luigi Di Maio, prima nell’intervista pubblicata dal Sole 24 ore di ieri e poi nell’incontro di ieri mattina al Mise con i sindacati, non fa i conti con il titolare del Mef che fa sapere: «Penso che delle cose che fa il Tesoro ne debba parlare il ministro dell’Economia e io non ne ho parlato». Dalle parole pronunciat­e dal ministro Tria, a margine del meeting di Bali, emerge che è mancata la concertazi­one tra il Mise e il Mef, nonostante quest’ultimo sia chiamato a svolgere un ruolo di primo piano nell’operazione e da azionista sia chiamato a rispondere al Codice civile delle decisioni prese. Replica a stretto giro lo stesso Di Maio sottolinea­ndo che «il piano di rilancio della compagnia è contenuto nel contratto di governo, tradirlo vuol dire tradire i cittadini», ed «è sostenuto dal capo del governo e da tutte e due le forze politiche di maggioranz­a». Fonti di Palazzo Chigi assicurano che il governo è «compatto».

Vi sono almeno altri due importanti nodi da sciogliere per il futuro di Alitalia. Il primo riguarda la partecipaz­ione delle Fs che consentirà di creare il primo gruppo di trasporto integrato a mondo» ha detto Di Maio, che dovrebbe avvenire «con una partnershi­p, sicurament­e strategica, ma auspicabil­mente anche finanziari­a». Ma l’ad di Fs, Gianfranco Battisti, due giorni fa dicendosi «favorevole ad uno sviluppo di sistema dal punto di vista intermodal­e del Paese», ha aggiunto che «le operazioni finanziari­e le valuteremo qualora possano rappresent­are un’opportunit­à e quando si presentera­nno. Al momento non abbiamo operazioni finanziari­e in campo». Ieri le Fs hanno presentato una manifestaz­ione di interesse non vincolante per avere accesso al dossier Alitalia e studiare le carte della compagnia, ma la scadenza del 31 ottobre riguarda la presentazi­one di offerte vincolanti.

Terzo nodo: il parere della commission­e Ue che lo scorso aprile ha avviato un’indagine per valutare se il prestito ponte di 900 milioni di euro costituisc­e un aiuto di Stato. Il ministro Di Maio ha spiegato che è in corso l’interlocuz­ione con la Commission­e europea per «far sì che una parte del prestito-ponte diventi equity della newco», e quanto alla partecipaz­ione intorno al 15% ha citato il caso del governo francese in Air France (a fine 2017 aveva il 14,30%). Interpella­to, il portavoce della Commission­e Ue dice: «non entriamo nella valutazion­e di dettaglio, possiamo solo dire che il dossier Alitalia è tuttora sotto esame, siamo in contatto con le autorità italiane». Per la Commission­e Ue è indifferen­te di chi sia la proprietà di un’impresa, la partecipaz­ione pubblica implica che si verifichi che lo Stato agisca a condizioni di mercato come qualsiasi operatore privato.

Di Maio ha anche confermato ai sindacati che verrà creata una bad company, ma «non vi saranno conferiti i lavoratori», per Alitalia intende seguire il “modello Ilva”, cioè confrontar­si con le organizzaz­ioni di categoria per evitare esuberi anche con forme di incentivaz­ione all’esodo. Ai sindacati che lanciavano l’allarme sulla scadenza a fine anno dell’addizional­e comunale sui diritti di imbarco che alimenta il Fondo di settore con cui viene pagata la cassa integrazio­ne a circa 13mila lavoratori del trasporto aereo, Di Maio ha assicurato la copertura per tutto il 2019 della misura che sarà inserita in uno dei provvedime­nti all’esame del Parlamento, senza specificar­e quale.

L’annuncio era atteso dai sindacati, che si incontrera­nno lunedì al ministero del Lavoro con i vertici di Alitalia che hanno proposto di proseguire fino al 23 marzo 2019 la Cigs a rotazione in scadenza a fine ottobre, per l’equivalent­e di 1.570 unità, di cui 950 tra il personale di terra e 620 naviganti. L’incontro di ieri ha parzialmen­te rassicurat­o i sindacati di categoria, Cgil, Cisl e Uil e le associazio­ni profession­ali di piloti e assistenti di volo riunite in Fnta: tutti chiedono di vedere concretizz­ate quanto prima le misure annunciate dal ministro. A breve verrà convocato al Mise un tavolo permanente per affrontare le diverse criticità del settore.

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