Rottamazione delle cartelle e chiusura dei contenziosi con rate in 5 anni
Se il contribuente ha vinto in II grado si paga un quinto delle pretese iniziali Va chiarito l’importo da pagare in caso di accoglimento parziale
Definizione delle liti pendenti, degli accertamenti e dei Pvc in venti rate trimestrali. Se il contribuente nell’ultima pronuncia ha vinto in secondo grado, la lite si definisce con il pagamento di un quinto delle maggiori impose inizialmente pretese. Sono queste alcune delle novità, rispetto alle iniziali versioni, che emergono dalla lettura della bozza di decreto fiscale, approvato ieri dal Consiglio dei ministri, che tuttavia si presenta ancora di scarso appeal per i contribuenti.
A fattor comune di tutte le liti pendenti e potenziali: la data rilevante (per la notifica dei ricorsi, degli atti impositivi) è rappresentata dall’entrata in vigore del decreto; per tutte le definizioni si può accedere con pagamento fino a venti rate trimestrali.
Liti pendenti
La definizione riguarda solo le controversie devolute alla giurisdizione tributaria in cui è parte l’agenzia delle Entrate (da notare che nelle altre definizioni vi rientrano anche gli atti dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli) pendenti in ogni stato e grado del giudizio, compreso quello in Cassazione. La somma richiesta è il valore della controversia (imposte senza sanzioni e interessi).
Tuttavia, in caso di soccombenza dell’Agenzia nell’ultima o unica pronuncia (non cautelare) resa alla data di entrata in vigore del decreto, la definizione avviene con il pagamento: della metà del valore della controversia in caso di soccombenza dell’ufficio nella pronuncia di primo grado; di un quinto del valore in caso di soccombenza nella pronuncia di secondo grado.
Per quanto riguarda le liti sulle sanzioni: se non collegate al tributo si definiscono con il 15% o 40% del valore a seconda di soccombenza o meno dell’Agenzia; se collegate al tributo, non è dovuto alcun importo relativo alle sanzioni, qualora il rapporto relativo ai tributi sia stato definito anche con modalità diverse dalla definizione.
Giudizio intermedio
La norma non chiarisce le modalità di calcolo per i casi di accoglimenti parziali delle impugnazioni. È verosimile che in tali ipotesi sarà necessario individuare la somma relativa alla soccombenza del contribuente (per la quale è dovuta l’intera maggiore imposta), rispetto a quella relativa all’accoglimento del suo ricorso (per la quale è invece dovuta la metà ovvero un quinto della maggiore imposta pretesa)
Entità somme
Sulla falsariga delle precedenti analoghe versioni, viene previsto che, dagli importi dovuti, si scomputano quelli già versati a qualsiasi titolo in pendenza di giudizio. Ne consegue che, se il contribuente ha già pagato delle somme anche a titolo di sanzioni (si pensi al caso di soccombenza in primo o in secondo grado), potrà scomputarle da quanto dovuto per la definizione (sottraendole dall’imposta)
In ogni caso, se da un lato occorre valutare con estremo favore la possibilità di dilazionare le somme in venti rate trimestrali, va detto che le somme richieste per la definizione appaiono ancora sproporzionate e non tengono conto che molti atti impositivi dell’amministrazione che generano contenzioso, sono di sovente, almeno in parte, infondati. Richiedendo il cento per cento della pretesa, in realtà si rischia di sanare gli errori degli uffici piuttosto che agevolare il contribuente, il quale addirittura dovrebbe corrispondere la metà o un quinto di quanto richiesto nonostante abbia vinto in primo grado e/o in secondo grado.
Per i Pvc decadenza allungata
Da segnalare, in tale contesto, che con riferimento alla definizione dei Pvc (che in realtà è una sorta di ravvedimento) in caso di mancato perfezionamento per i periodi imposta fino al 31 dicembre 2015, i termini di decadenza sono aumentati di due anni (si veda nel dettaglio l’altro articolo in pagina). La proroga sembra rivolta a tutti i Pvc (potenzialmente oggetto di definizione) e non solo a quelli oggetto di dichiarazione integrativa. La circostanza appare singolare, e volta a favorire anche in questo caso solo l’Agenzia, perché la dichiarazione integrativa relativa alla «pace fiscale» va presentata entro il 31 maggio 2019 per cui mal si comprende la necessità di prorogare di ben due anni i termini decadenziali.