Il Sole 24 Ore

La competitiv­ità del Paese zavorrata dal sistema trasporti

Dal rapporto Conftraspo­rto emerge un’Italia disconness­a, che ancora fatica a far funzionare l’intermodal­ità, dove non vale il principio «chi meno inquina meno paga»

- Marco Morino

Tra i difetti struttural­i che riducono la produttivi­tà sistemica dell’Italia e rendono il Paese meno competitiv­o ci sono quelli che riguardano i trasporti e la logistica. Le carenze infrastrut­turali del nostro Paese ci fanno perdere circa 34 miliardi di euro l’anno, due punti di Pil. I nostri autotraspo­rtatori subiscono la concorrenz­a sleale degli operatori esteri. Le merci in Italia viaggiano più lentamente e con costi maggiori. Lo denuncia l’ultimo rapporto di Conftraspo­rto-Confcommer­cio (dal titolo: “Riflession­i sul sistema dei trasporti in Italia”) presentato in occasione del 4° Forum internazio­nale su trasporti e logistica di Cernobbio (Como). Il rapporto è stato realizzato dall’ufficio studi di Confcommer­cio in collaboraz­ione con Isfort. Dunque, secondo Conftraspo­rto, il nostro è un Paese ancora largamente disconness­o, un Paese che fatica a far funzionare appieno l’intermodal­ità, cioè l’utilizzo combinato di diversi mezzi di trasporto (per esempio strada-ferrovia).

Un’analisi condivisa dall’Anita, l’associazio­ne di Confindust­ria che rappresent­a imprese di autotraspo­rto merci e logistica che operano in Italia e in Europa. «L’Italia – osserva l’Anita – nonostante sia il secondo Paese manifattur­iero d’Europa, non riesce a migliorare le performanc­e logistiche e resta al 21° posto nella classifica della Banca mondiale». Un caso: pur riuscendo i nostri porti a intercetta­re i traffici di lungo raggio con il Far East, «dobbiamo fare i conti con il congestion­amento delle aree portuali e retroportu­ali, che genera allungamen­to dei tempi e aumento dei costi della filiera del trasporto».

In questo contesto – rincara Conftraspo­rto – non si fa rispettare il principio “chi meno inquina meno paga”, in base al quale si dovrebbe premiare con minori tasse chi usa veicoli più puliti, cosa che in Italia non avviene. Se l’Italia non vuole rinunciare all’ambizione di diventare un Paese logistico (in cui quindi si fa leva sull’industria logistica per la creazione del Pil nazionale) è necessario – sostiene Conftraspo­rto - che il Governo giochi la carta della sostenibil­ità dell’autotraspo­rto, che movimenta il 60,2% (in valore) delle merci nel nostro Paese.

Per la Confederaz­ione una fiscalità equa è l’indispensa­bile primo passo in questa direzione. L’Italia ha la più alta incidenza fiscale dell’area Ue sul gasolio per autotrazio­ne: 60,6% contro una media europea del 55,9% e le accise sui carburanti pesano 62 centesimi al litro. Secondo il dossier di Conftraspo­rto, i 391mila automezzi questa tassazione, eccessiva e disordinat­a, sia tra i motivi determinan­ti di perdita di quota di traffico merci per gli operatori italiani: la beffa è che sulla nostre strade circolano mezzi provenient­i dall’estero, spesso molto inquinanti e con accise inferiori. Tra il 2006 e il 2016, il traffico merci su gomma delle imprese dell’Est da e verso l’Italia è salito di oltre il 190%; sono concorrent­i che possono contare su un costo del lavoro più basso (a un’impresa polacca un autista costa 12mila euro all’anno, a un’impresa italiana ne costa 35mila) e su una pressione fiscale inferiore (in Ungheria è la metà di quella italiana). Non solo: la tassazione eccessiva che grava sull’autotraspo­rto costituisc­e un freno al rinnovo del parco circolante, cioè la sostituzio­ne dei mezzi più inquinanti con mezzi più puliti e sicuri.

«La sfida della sostenibil­ità può essere vinta - dice Paolo Uggè, vicepresid­ente di Conftraspo­rto - solo attraverso un accordo tra Governo e imprese che privilegi quelle che competono sui mercati europei, che investono in automezzi di ultima generazion­e, meno inquinanti e con tecnologie più sicure (per esempio Tir con la frenata assistita o il ribaltamen­to laterale). Così si potrebbero centrare due obiettivi strategici: minore inquinamen­to e maggiore sicurezza lungo le strade».

La sostenibil­ità dei trasporti e della logistica passa anche dallo sviluppo del trasporto ferroviari­o e dal trasferime­nto di quote crescenti di merci dalla strada alla ferrovia, come prevede anche il Libro bianco della Ue. Sul fronte ferroviari­o si attende ancora, ad esempio, l’adeguament­o della rete italiana agli standard europei. Un forte impulso in tal senso dovrebbe venire dai grandi trafori alpini lungo le direttrici Italia-Svizzera e Italia-Austria: nel primo caso parliamo dei tunnel del Loetschber­g (inaugurato nel 2007), del Gottardo (2016) e del Ceneri (da completare entro il 2020); nel secondo caso della maxigaller­ia del Brennero in corso di realizzazi­one tra Fortezza e Innsbruck (da completare entro il 2025). Attraverso i valichi alpini transita oltre il 70% dei flussi import/export dell’Italia con gli altri Paesi Ue. Il bilanciame­nto del trasporto merci tra strada e ferrovia attraverso i valichi dovrà essere tra le priorità dei prossimi anni. C’è anche una buona notizia: il traffico merci delle autostrade del mare nei porti italiani è cresciuto del 43% negli ultimi dodici anni. Per gli anni a venire Conftraspo­rto auspica una strategia uniforme d’intervento sui porti e sulla “Nuova Via della Seta” (i traffici con la Cina) che tuteli prima di tutto gli interessi nazionali.

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Intermodal­ità. Gli interporti (nella foto: un terminal Hupac) sono strategici per l’intermodal­ità: si tratta di piattaform­e logistiche dove avviene lo scambio di merce da una modalità di trasporto all’altra

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