L’Italia dice no alla proposta Ue di golden power
Palazzo Chigi chiede emendamenti o un rinvio alla prossima legislatura La proposta Juncker punta a monitorare i takeover di Paesi terzi nell’hi-tech
L’Italia respinge la proposta europea di golden power, che dovrebbe impedire take over stranieri in settori strategici. In sostanza Palazzo Chigi chiede alla Commissione Ue di emendare profondamente il testo, in caso contrario chiede di rinviare la discussione alla prossima legislatura. Il testo attuale metterebbe a rischio la sovranità nazionale, dice l’Italia.
Il governo apre un altro fronte con Bruxelles. Stavolta in gioco c’è il regolamento Ue che «istituisce un quadro per il controllo degli investimenti esteri diretti», il cosiddetto golden power europeo per frenare interventi predatori in settori strategici da parte di imprese di paesi terzi. In un documento, che rappresenterà poi la posizione ufficiale, si esprime «una seria preoccupazione del Governo in ordine all’impatto del regolamento sulla tutela degli interessi nazionali». L’attuale formulazione del regolamento - si osserva - «produce l’effetto, nella migliore delle ipotesi, di determinare confusione e incertezza nell’esercizio dei poteri nazionali relativi al golden power e, nella peggiore, di esautorare, di fatto, il Governo in ordine all’esercizio delle predette funzioni di controllo».
L’Italia chiede che nella fase di Trilogo (le riunioni tra rappresentanti del Parlamento, del Consiglio e della Commissione) il testo «venga profondamente e strutturalmente emendato», in alternativa proporrà un altro strumento - la direttiva - anche rinviando l’accordo al prossimo Europarlamento. Del resto la direttiva - in un contesto politico a Stasburgo che potrebbe essere molto più favorevole ai sovranisti - consentirebbe maggiori margini di intervento ai singoli governi nel processo di attuazione nazionale.
La proposta contestata fu lanciata dal presidente della Commissione Jean-Claude Juncker un anno fa su input della Germania, della Francia e proprio dell’Italia per iniziativa dell’allora ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda. I timori principali sono legati all’ondata di acquisizioni cinesi nell’hi-tech. Si prevede che - nel caso siano ravvisati rischi per la sicurezza e l’ordine pubblico - la Commissione possa trasmettere un parere contrario agli Stati membri in cui l’investimento è in programmma. Parere comunque non vincolante, sebbene lo Stato debba prenderlo «nella massima considerazione». La bozza precisa anche che uno Stato possa formulare osservazioni su investimenti che ritiene potenzialmente critici anche se in programma in un altro paese. Per il governo pentastellato ci sono diverse criticità. Ad esempio la circolazione di informazioni anche con altri Stati. Ma anche la compatibilità delle procedure «con quelle vigenti all’interno dell’ordinamento italiano» ed il ruolo riconosciuto alla Commissione e/o agli altri stati membri sul monitoraggio degli investimenti strategici, «con riguardo all’esigenza di evitare riflessi sul potere e sulla libertà decisionale in merito agli interessi nazionali». Sono solo due gli aspetti del regolamento giudicati con favore: l’ampliamento degli ambiti e dei settori di intervento del golden power e la maggiore cooperazione con sensibilizzazione dei paesi che non hanno ancora normative in materia. Per il resto la nuova formulazione, secondo l’esecutivo, dovrà garantire «con maggiore chiarezza e senza ambiguità il diritto sovrano e inalienabile degli Stati membri di svolgere pienamente le attività di esercizio dei poteri speciali negli ambiti della propria competenza».
á@CFotina