Dalla legge al gioco (serio) dei gioielli
Elisabetta Carletti
Difficile trovare qualcuno che non abbia fantasticato su un “piano B”. Altri si spingono a metterlo a punto, accarezzando davvero l’idea di cambiare vita. Poche però sono le persone che riescono a trasformare i piani B in realtà. C’entra forse il carattere: lasciare il certo per l’incerto, affrontare il giudizio degli altri, contemplare il fallimento di un piano B, contemplando addirittura un piano C. Proprio perché sono rare, le persone che hanno impresso una svolta drastica alla loro vita professionale e privata meritano di essere raccontate. Una di queste è Elisabetta Carletti, 46 anni appena compiuti, che da avvocato in (super) carriera si è reinventata designer di gioielli e imprenditrice, complice l’anno sabbatico preso, all’inizio quasi controvoglia, in occasione della nascita della prima figlia, nel 2008. «All’università era andato tutto liscio: media del 30, laurea con 110 e lode. A seguire, l’assunzione in un importante studio di Firenze – racconta Elisabetta –. Anche sul fronte privato ero felice, grazie all’incontro con l’uomo che ho sposato e alla decisione di avere dei bambini. Proprio con l’arrivo di Elena Sofia, dieci anni fa, ho capito che forse occorreva rallentare o almeno prendersi del tempo per riflettere, anziché assecondare giorno dopo giorno ritmi sempre più serrati di lavoro». È durante l’anno in cui si dedica alla bambina che Elisabetta inizia e disegnare gioielli, sua passione da sempre, e fa realizzare i primi prototipi in argento placcato oro rosa. «Mi dicevo che era solo un gioco, che avrei continuato a fare l’avvocato. Però pensai subito a un nome, per i miei gioielli, Maman et Sophie, e fui confortata dalle reazioni di amiche e conoscenti, le mie prime clienti». Elisabetta ha condotto due vite parallele fino al 2013: con la nascita del secondo figlio, Tancredi, lascia definitivamente l’avvocatura e il marito Federico esce dall’azienda di famiglia per affiancarla nella gestione di Maman et Sophie. Grazie al solo passaparola e a un incessante lavoro “porta a porta” di Elisabetta, che per anni ha presentato di persona le sue creazioni alle gioiellerie italiane, il fatturato di Maman et Sophie è passato da 27mila euro del 2011 ai quasi 2 milioni previsti per il 2018. «Le prime pubblicità le abbiamo fatte in agosto – conclude Elisabetta –. È arrivato il momento, visti i numeri e la presenza in punti vendita importanti come La Rinascente Duomo. La mia ultima collezione si chiama importa, potremmo tradurre, o forse, meglio, chissenefrega, che per me è un inno a non dare troppa importanza al giudizio degli altri e ai comportamenti scorretti. Ci copiano molto, ad esempio, e all’inizio mi dava fastidio. Poi ho capito che basta rispondere con nuove idee e dire Who cares? who cares?». (non ndr),