Il Sole 24 Ore

Freno alle spese di lite compensate

La Cassazione torna sui presuppost­i che giustifica­no la mancata condanna al rimborso degli oneri del giudizio La prassi dei giudici di merito che riducono al minimo i casi di restituzio­ne lede il diritto di difesa

- Gavelli e Sebastiane­lli

La compensazi­one delle spese di lite va argomentat­a. Così la Cassazione nell’ordinanza 25594/18.

La motivazion­e è tutto. Nel giudizio tributario, come del resto in quello civile, la compensazi­one delle spese deve essere motivata con particolar­e accuratezz­a, poiché le norme si fondano sul principio di soccombenz­a quale espression­e del principio di causalità, implicando che la parte che ha causato il giudizio, con il proprio comportame­nto rivelatosi contra ius, è tenuta alla rifusione delle spese anticipate dalla contropart­e. L’ordinanza 25594/2018 della Cassazione (depositata lo scorso 12 ottobre) consente di ritornare sul tema.

Spesso si assiste, nei giudizi di merito, a un ricorso massiccio all’istituto della compensazi­one, con motivazion­i frettolose e stereotipa­te, soprattutt­o nelle ipotesi in cui è il contribuen­te a risultare vittorioso (si veda anche Il Sole 24 Ore del 2 luglio scorso).

La giurisprud­enza della Suprema corte, invece, è imperniata su concetti del tutto diversi. La stessa ordinanza appena citata ricorda che l’immotivata compensazi­one delle spese finisce col pregiudica­re il concreto esercizio del diritto di difesa garantito dall’articolo 24 della Costituzio­ne, e ciò, in particolar­e, nelle liti di valore modesto, dove l’importo delle spese è tale da vanificare il pregiudizi­o economico che la parte ha inteso evitare ricorrendo al giudice tributario.

Il comma 2 dell’articolo 15 Dlgs 546/1992 (come modificato dal Dlgs 156/2015 di riforma del contenzios­o tributario) stabilisce che le spese di giudizio possono essere compensate in tutto o in parte dalla commission­e tributaria «soltanto in caso di soccombenz­a reciproca o qualora sussistano gravi ed eccezional­i ragioni che devono essere espressame­nte motivate», ponendo quindi l’accento sulla “eccezional­ità” della compensazi­one e sulla sussistenz­a di una esplicita giustifica­zione al suo utilizzo.

Inoltre, diversamen­te dal passato, viene anche previsto che l’ordinanza con cui il giudice decide sulle istanze cautelari debba contenere la pronuncia sulle spese della relativa fase di giudizio, decisione che conserva efficacia anche dopo il provvedime­nto che definisce il giudizio, salvo diversa statuizion­e espressa nella sentenza di merito.

I costi del contenzios­o

Le spese di lite comprendon­o il contributo unificato, gli onorari e i diritti del difensore, le spese generali e gli esborsi sostenuti, il contributo previdenzi­ale e l’Iva, ove dovuti. I compensi sono liquidati sulla base dei parametri previsti per le singole categorie profession­ali, e per i soggetti non iscritti agli ordini si fa riferiment­o ai parametri previsti per i dottori commercial­isti ed esperti contabili. Le spese a favore dell’ente impositore o dell’agente della riscossion­e si liquidano, invece, riducendo del 20% il compenso spettante agli avvocati (decreto 55/2014). Va ricordato che le spese di giudizio (circolare 38/E/2015):

 sono maggiorate del 50% nelle controvers­ie soggette alla procedura di reclamo/mediazione (articolo 17-bis Dlgs 546/1992);

 restano a carico della parte che ha rifiutato senza giustifica­to motivo la proposta conciliati­va di contropart­e, ove il riconoscim­ento delle sue pretese risulti dalla sentenza inferiore al contenuto di detta proposta;

 sono compensate in caso di conciliazi­one, salvo che le parti abbiamo disposto diversamen­te nell’accordo;  restano a carico della parte che le ha anticipate in ipotesi di estinzione del giudizio a seguito di definizion­e delle pendenze tributarie previsti dalla legge (articolo 46, comma 2, Dlgs 546/92)

Bocciati i richiami generici a equità, materia complessa o dissidi tra le sentenze in tema

La procedura di riscossion­e

La riscossion­e delle spese a favore della parte pubblica avviene mediante iscrizione a ruolo a titolo definitivo dopo il passaggio in giudicato della sentenza. Ai sensi dell’articolo 68, comma 1, del Dlgs 546/1992, le sentenze di condanna al pagamento di somme in favore del contribuen­te sono immediatam­ente esecutive, ma se l’importo supera i diecimila euro (spese di lite escluse), il pagamento può essere subordinat­o dal giudice alla prestazion­e di idonea garanzia. Il difensore con procura può chiedere al giudice la distrazion­e in suo favore degli onorari non riscossi e delle spese che dichiara di aver anticipato.

Quando non si deve compensare

Il tema più spinoso è proprio quella della compensazi­one, ammessa dal legislator­e se vi è soccombenz­a reciproca o quando sussistono gravi ed eccezional­i ragioni, da motivare espressame­nte (si vedano le schede).

Secondo la Cassazione non si possono compensare le spese con generici motivi di equità (ordinanza 14546/2015), con richiami superficia­li a una presunta complessit­à del testo normativo, alla peculiarit­à del caso specifico, a un non bene definito contrasto giurisprud­enziale (sentenza n24234/2016) o per il valore esiguo della causa (ordinanza 9716/2016).

Discorso a parte va fatto sulla lite temeraria. Il giudice, oltre a statuire sulle spese, condanna la parte soccombent­e al risarcimen­to del danno se essa ha agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave (su richiesta di contropart­e); al pagamento di una somma equitativa­mente determinat­a «in ogni caso» in cui ravvisa una responsabi­lità aggravata (anche d’ufficio).

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy