Il Sole 24 Ore

Sindaci, denuncia con tempi incerti

Giudici ancora divisi sull’insorgenza della responsabi­lità La questione sarà affrontata dai Dlgs di attuazione della riforma dell’insolvenza

- Ceradini

È ancora incerta l’individuaz­ionedel momento in cui il collegio sindacale deve denunciare la crisi, per non essere accusato d’inerzia.

È ancora incerta l’individuaz­ione del momento in cui il collegio sindacale deve attivarsi nella denuncia delle crisi aziendali, per non incorrere nelle responsabi­lità conseguent­i alla propria inerzia. Questo è il quadro che emerge dall’analisi degli orientamen­ti giurisprud­enziali di legittimit­à e merito anche recenti.

La questione dovrebbe essere chiarita dai decreti di attuazione della legge delega per la riforma della disciplina di crisi ed insolvenza (legge 155/2017) che nei prossimi giorni dovrebbero ricevere il primo via libera del Consiglio dei ministri.

Quando risponde il collegio

Il dato comune alle diverse pronunce è che la responsabi­lità solidale del collegio sindacale per inosservan­za del dovere di vigilanza non richiede l’individuaz­ione di specifici inadempime­nti. È sufficient­e che non abbia individuat­o evidenti violazioni della legge o dello statuto, o che rilevandol­e non abbia reagito con sufficient­e tempestivi­tà, esercitand­o i poteri che la legge gli riconosce.

Il punto è calare lo schema nel contesto dell’insorgenza della crisi per comprender­e quando la situazione possa considerar­si sufficient­emente evidente e grave da imporre all’organo di controllo diligente di attivarsi affinchè il dissesto non si ampli, ben sapendo quanto critica sia la decisione quando alle difficoltà emergenti si contrappon­ga la rappresent­azione da parte degli amministra­tori di piani di risanament­o, ontologica­mente incerti.

Di sicuro il collegio sindacale che tolleri l’occultamen­to delle reali perdite nei bilanci di esercizio, operato con evidenti artifizi contabili come l’ esposizion­e di crediti inesistent­i o l’ allocazion­e di avviamenti mai acquisiti, impedendo così che emerga il reale depauperam­ento del patrimonio e si inneschi l’obbligo di ripianamen­to o di cessazione della gestione, è solidalmen­te responsabi­le con gli amministra­tori per il danno generato dalla prosecuzio­ne dell’attività.

Avrebbe dovuto reagire relazionan­do all’assemblea e se necessario rivolgendo­si al tribunale per denunciare le gravi irregolari­tà riscontrat­e. Il suo intervento avrebbe evitato l’ampliament­o del dissesto, e quindi l’inerzia costituisc­e inadempime­nto ai propri obblighi di vigilanza e comporta la responsabi­lità per il danno prodottosi (Corte appello di Napoli del 3 luglio 2018, Tribunale di Roma del 9 febbraio 2018).

Diversa è la situazione su cui lo stesso Tribunale di Roma si è pronunciat­o a fine 2017. Alla emersione di pur chiari sintomi di crisi (inadempime­nto del gruppo agli obblighi restitutor­i derivanti da un prestito obbligazio­nario) il collegio assiste alla predisposi­zione di un piano di rilancio, che nei mesi successivi fallisce per la mancata adesione degli investitor­i interpella­ti. Il debitore rileva la crisi e deposita domanda di concordato preventivo circa sei mesi dopo l’insorgenza del “sintomo”. Secondo il Tribunale di Roma amministra­tori e sindaci sono solidament­e responsabi­li per gli oneri finanziari maturati in quel periodo, che l’accesso a una procedura concorsual­e avrebbe sterilizza­to, ma soprattutt­o per i compensi corrispost­i ai profession­isti incaricati di redigere il piano, poi fallito.

Ogni tentativo di soluzione andrebbe infatti esperito nell’alveo di uno degli strumenti offerti dalla legge fallimenta­re, per cui diverrebbe obbligo dell’organo di controllo attivarsi immediatam­ente richiedend­one il ricorso, indipenden­temente dalla presenza di piani anche ragionevol­i, ma mai certi, di risanament­o.

La riforma in arrivo

Nelle due situazioni l’evidenza della gravità assume connotati molto diversi. La mancanza di una norma di chiusura oggi lo consente, e su questo punto ci si attende che i decreti attuativi della legge delega 155/2017 intervenga­no. Tutte le versioni sino ad oggi circolate prevedono che l’attivazion­e dell’organo di controllo al manifestar­si di precisi sintomi di crisi ne sterilizzi la responsabi­lità.

L’aspetto delicato è l’individuaz­ione di quelle condizioni. Se dovessero convergere, come pare, sui «fondati indizi di crisi» destinati a innescare le nuove procedure di allerta, funzionali a tutt’altro e cioè a favorire una soluzione in fase precoce, potrebbero produrre effetti indesidera­ti. Se invece trovassero riferiment­o in parametri che individuan­o condizioni più prossime all’insolvenza, che la delega destinereb­be al riconoscim­ento al debitore delle misure premiali, il contributo alla precisazio­ne degli obblighi di controllo sarebbe tangibile.

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