I professionisti emigranti: 2mila ogni anno via dal Sud
Ogni anno 1.500-2.000 laureati emigrano tra Nord, Centro ed estero - La manovra estende il bonus-start up agli autonomi under 46
Ogni anno il Mezzogiorno perde un potenziale di circa 1.500-2mila giovani professionisti. Una vera e propria “emorragia”, diretta conseguenza di un reddito medio che si assottiglia sempre di più e si distanzia da quello delle altre aree del Paese. Proprio per tentare di mettere un argine alla migrazione qualificata la Legge di bilancio 2019 ha esteso l’incentivo «Resto al Sud», attivo per i neoimprenditori dal 15 gennaio scorso, ai liberi professionisti, innalzando il limite dei beneficiari, oggi 35 anni, agli under 46.
Sciacca, provincia di Agrigento, la più povera d’Italia. È qui che Mario Cottone e Gregorio Indelicato hanno aperto nove anni fa il loro studio di architettura. In tasca hanno un curriculum di tutto rispetto: il primo, classe 1974, vanta otto anni di esperienza in realtà internazionali, il secondo, nato nel 1977, un dottorato all’Università. La decisione di tornare alle origini è maturata a Olot, in Catalogna, dove entrambi lavoravano in un grande studio. «Resistere è dura - ammette Cottone, che oggi ha 44 anni - le spese fisse sono molto elevate, la burocrazia complessa, la Sicilia è una terra ricca di arte e cultura ma la domanda di architettura contemporanea è ancora debole». Grazie a una serie di concorsi e premi vinti, «solo da quest’anno iniziamo a vedere la luce in fondo al tunnel».
Con uno studio alle spalle specializzato in consulenza del lavoro e fondato da sua madre, Matteo De Lise, commercialista 39enne di Napoli, si è ingegnato per restare nella sua terra. «Ho capito subito - dice il professionista che la chiave di tutto era la specializzazione: il Sud è una terra di eccellenze ed è sull’eccellenza che bisogna puntare». Di qui l’idea di concentrarsi sulla consulenza d’impresa e in particolare sulla ristrutturazione del debito in periodo pre-crisi. «E ho avuto ragione io - aggiunge - è stata ed è tuttora una scelta intelligente, certo se avessi avuto un aiuto statale, soprattutto all’inizio, sarebbe filato tutto molto più liscio».
Mario, Gregorio e Matteo hanno fatto una scelta controcorrente, ma a caro prezzo: ogni anno – secondo la fotografia scattata da Confprofessioni - il Mezzogiorno perde un potenziale di circa 1.500-2.000 giovani professionisti neolaureati. Una vera e propria “emorragia”, diretta conseguenza di un reddito medio che si assottiglia sempre di più e si distanzia da quello del Centro e del Nord. «Il fenomeno dice il presidente di Confprofessioni Gaetano Stella - riguarda un po’ tutte le categorie, ma le più colpite sono quelle dell’area tecnica (ingegneri e architetti) e gli specialisti in scienze umane e sociali, artistiche e gestionali».
Proprio per tentare di mettere un argine alla migrazione qualificata la legge di Bilancio 2019 ha esteso l’incentivo “Resto al Sud”, attivo per i neo imprenditori dal 15 gennaio scorso, ai liberi professionisti, innalzando anche l’età massima dei beneficiari dai 35 agli under 46 . Dal 1° gennaio, quando la manovra entrerà in vigore, i giovani professionisti (appartenenti a qualsiasi categoria) residenti in Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia potranno presentare la domanda all’ente gestore Invitalia.
Secondo i dati di Confprofessioni, il 59,9% dei giovani laureati nel 2011 a distanza di 4 anni ha abbandonato il Sud per trasferirsi al Nord (49%) , al Centro (48%) e all’estero (3%). In termini assoluti si tratta di un esercito di 1.846 giovani professionisti che ha abbandonato la propria città e ha cercato fortuna altrove. Un fenomeno evidenziato anche nella relazione illustrativa alla legge di Bilancio, che individua nell’incentivo “Resto al Sud” «una risposta efficace alle difficoltà del comparto libero-professionale, dando un suo significativo contributo alla riduzione del divario».
Il bonus permetterà ai giovani professionisti di ottenere la liquidità iniziale necessaria per l’avvio del proprio studio e della propria attività. Con un finanziamento che copre il 100% delle spese ammissibili grazie a un cocktail di contributi a fondo perduto (35%) e prestito bancario (65%) garantito dal Fondo di garanzia per le Pmi e coperto negli interessi da un altro contributo, appunto, in conto interessi. Resta invariata la dotazione di 1,25 miliardi a valere sul Fondo di sviluppo e coesione.
«Qualsiasi intervento in grado di tamponare questa emorragia va incoraggiato e sostenuto. Già lo scorso anno - aggiunge Stella -avevamo chiesto a Governo e Parlamento di estendere i benefici del decreto Mezzogiorno ai giovani professionisti. E oggi accogliamo con soddisfazione la decisione». Il provvedimento «stanzia importanti risorse che non rappresentano il classico finanziamento a pioggia, ma un investimento a lungo termine nel capitale intellettuale espresso dal Mezzogiorno. I giovani professionisti del Sud rappresentano una risorsa inesauribile di competenze che può contribuire allo sviluppo del sistema imprenditoriale ed economico del Mezzogiorno. È un primo passo che però va sostenuto con una mirata programmazione regionale dei fondi strutturali europei, ancora carente nel Sud, ma anche attraverso efficaci politiche attive del lavoro e misure di welfare calibrate sui giovani».