«Molti giovani espatriano in cerca di capitale»
«Gli incentivi in vigore sono buoni dal punto di vista fiscale, ma resta particolarmente difficile trovare capitale». È questo l’ostacolo principale in cui si imbattono le imprese giovanili, ragione per cui tante sono costrette a chiudere i battenti e deterrente per le nuove iscrizioni. A dirlo è Chiara Spina, docente di economia aziendale e management alla Bocconi che ha potuto analizzare la crescita di oltre 600 start up nei programmi di preaccelerazione seguiti dall’università.
Quindi le misure ci sono, ma non sono incisive?
Molti giovani hanno solo l’idea e faticano a fare i primi passi come impresa, necessari per poi registrarsi e partecipare a queste iniziative. Per lo più le misure in vigore sono pensate per una fase successiva all’avvio, di accelerazione e consolidamento, ma le difficoltà nascono prima. Inoltre molti imprenditori non le conoscono, i bandi sono scritti in linguaggio legale e il sistema per accedere è eccessivamente burocratico.
Ogni cinque imprese under 35 che nascono ce ne sono due che muoiono. Tanti ci provano, quindi, e non ce la fanno?
Molte realtà cessano dopo pochi anni perché scoprono presto che il prodotto o il servizio ideato non funziona e sul mercato non c’è abbastanza domanda per la loro nuova proposta. Poi c’è anche il fenomeno degli imprenditori seriali, che andrebbe quantificato: c’è chi apre un’impresa e poi la chiude senza successo, ma dopo pochi mesi ne riapre un’altra con le idee più chiare, apportando correzioni al proprio business.
Ma cosa fanno i giovani che non riescono ad aprire un’attività in Italia?
Tanti giovani imprenditori italiani sono andati all’estero. Se hanno l’idea sempre più spesso sono proiettati oltreconfine. Magari le più teconologiche iniziano a fare dei test in Italia, ma poi espatriano per trovare investimenti. Le imprese a Londra si aprono in mezz’ora per via telematica. Altri vanno in Germania o in Danimarca, dove è più facile accedere ai fondi.