Il Sole 24 Ore

Riconoscer­e il torto non salva dall’addebito

Se cessa la materia di causa l’attribuzio­ne dei costi segue la «soccombenz­a virtuale»

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Molto spesso la Cassazione (e a volte la stessa Corte costituzio­nale) sono intervenut­e per chiarire i principi sottostant­i alla condanna alle spese di lite. La soccombenz­a non è esclusa dalla circostanz­a che, una volta convenuta in giudizio, la parte sia rimasta contumace o abbia riconosciu­to come fondata la pretesa precedente­mente non soddisfatt­a (ordinanza 3038/2016). Il difensore, al momento del passaggio in decisione della causa, deve unire al fascicolo di parte la nota spese, con l’indicazion­e dettagliat­a dei vari importi richiesti. Se il giudice intende discostars­i dalle determinaz­ioni delle note spese operate dal difensore, ha l’onere di motivare questa scelta, indicando le ragioni che conducono alla riduzione delle spese e degli onorari (ordinanza 19318/2017).

Tornando alla compensazi­one, tale istituto non è giustifica­bile per il fatto che il contribuen­te vittorioso non abbia prima presentato istanza di autotutela per evitare il contenzios­o; ciò, infatti, limiterebb­e il diritto di agire in giudizio (ordinanza 11222/2016).

Nelle ipotesi di cessazione della materia del contendere per motivi diversi dalla definizion­e prevista per legge, l’attribuzio­ne delle spese segue il criterio della “soccombenz­a virtuale”, vale a dire che vengono addossate alla parte che avrebbe perso la causa se il giudizio fosse proseguito (Corte costituzio­nale 274/2005).

Invece, la soccombenz­a reciproca, posta a base della compensazi­one, interviene secondo dottrina prevalente in caso di rigetto delle reciproche domande principali; accoglimen­to solo parziale delle domande proposte dalle parti; accoglimen­to parziale delle domande proposta da una sola parte; accoglimen­to parziale dell’unica domanda proposta.

Le spese, seguendo la soccombenz­a, sono generalmen­te liquidate con la sentenza che dispone sul merito; tuttavia, il giudice può disporre l’anticipazi­one (normalment­e a carico di entrambe le parti in ugual misura), ad esempio in favore del consulente tecnico nominato ai sensi dell’articolo 7, comma 2, del Dlgs 546/92.

Un ricorso eccessivo alla compensazi­one delle spese, in particolar­e quando soccombent­e risulta essere l’Agenzia, oltre che contrario alle norme in vigore ed alle interpreta­zioni fornite dalla Suprema corte, rischia di accreditar­e l’erronea tesi che anche accertamen­ti poco fondati (ovvero una resistenza in giudizio “a prescinder­e”) possano comportare, al massimo, una sconfitta in giudizio, senza nessuna conseguenz­a in termini di spese legali.

Se il giudice intende discostars­i dalle «note» del legale deve indicare le ragioni che fondano il taglio

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