Società in house: il giudice ordinario decide sugli illeciti
La Cassazione ripartisce le competenze fra tribunali e Corte dei conti
La decisione sull’azione di responsabilità proposta nei confronti di sindaci e amministratori di una società in house providing dichiarata fallita spetta al giudice ordinario. Lo ha stabilito la Cassazione con l’ordinanza 22406/2018 delle Sezioni unite con cui la Suprema corte mette un punto fermo sull’evoluzione giurisprudenziale in tema di giurisdizione sviluppatasi nell’ultimo decennio.
Nella pronuncia 22406/2018 le Sezioni unite, a conclusione di un lungo dibattito giurisprudenziale, hanno stabilito la possibilità di concorso tra la giurisdizione ordinaria e quella contabile, nell’ipotesi di danni cagionati ad una società in house dalla condotta dei suoi amministratori. Laddove dunque sia prospettabile anche un danno erariale, potranno essere proposti, per i medesimi fatti, sia un giudizio civile che un giudizio contabile risarcitorio, la cui diversità di oggetto e funzione esclude la violazione del principio del ne bis in idem.
La questione era stata già affrontata dalle Sezioni unite con la decisione 26806/2009 che riguardava però la giurisdizione sull’azione di risarcimento dei danni subiti da una società a partecipazione pubblica in relazione a contegni illeciti posti in essere da amministratori o dipendenti. In quel caso le Sezioni unite avevano assegnato la competenza al giudice ordinario sul presupposto che, nella fattispecie, non sarebbero stati individuati elementi idonei a giustificare la devoluzione della vertenza alla decisione della Corte dei conti. Nella pronuncia in questione veniva peraltro ribadito che le condotte idonee a ledere o compromettere la partecipazione sociale dell’ente pubblico sarebbero invece rimaste appannaggio del giudice contabile, così sancendo una giurisdizione concorrente nelle ipotesi in cui fosse configurabile un danno erariale.
La specifica condizione delle società in house era invece stata esaminata nella sentenza 26283/2013, nella quale però la Cassazione aveva espresso un principio di diritto più restrittivo, secondo il quale la Corte dei conti ha giurisdizione sull’azione diretta a far valere la responsabilità degli organi sociali per danni al patrimonio di una società in house, ossia di una società costituita da uno o più enti pubblici per l’esercizio di pubblici servizi, la cui gestione è assoggettata a forme di controllo analoghe a quelle esercitato dagli enti pubblici sui propri uffici.
Ma la pronuncia del 2013 (criticata in dottrina e da cui ha preso le distanze anche la Corte dei conti) è stata poi oggetto di importanti puntualizzazioni da parte della stessa Cassazione che ha affermato il principio secondo il quale, per tutto quanto non derogato da disposizioni speciali, le società a partecipazione pubblica sono a tutti gli effetti disciplinate dalle norme codicistiche sulle società (Cassazione, 24591/2016). Ne consegue che la scelta di perseguire l’interesse pubblico attraverso lo strumento privatistico, comporta l’applicazione degli istituti tipici delle società di capitali sia in materia di insolvenza che di responsabilità degli organi amministrativi di controllo, onde evitare l’alterazione delle regole della concorrenza.