Il Sole 24 Ore

L’investimen­to a prova di verde dà la carica al Made in Italy

Nelle aziende italiane che scommetton­o su tecnologie e modelli di business «attenti» all’ambiente crescono fatturati, export e assunti. Già creati tre milioni di posti di lavoro

- Laura Cavestri

25%

Approvvigi­onarsi di energia “pulita”, investire in macchinari che consumano o inquinano poco, imparare a “riciclare” i propri rifiuti. Non è un capriccio per pochi. Ma un vero e proprio investimen­to. Che non rende solo sul medio-lungo periodo, ma fa maturare “dividendi” già nel breve termine. Lo dicono i numeri.

Chi ha investito nella cosiddetta “green economy”, negli ultimi anni, ha fatturato di più, esportato di più e assunto di più. Un antidoto contro la crisi prima, e uno stimolo per agganciare e sostenere la ripresa poi. E anche un’arma in più per contrastar­e i mutamenti climatici, in linea con quanto indicato dal recente rapporto dell’Ipcc (Intergover­nmental Panel on Climate Change). Questo dimostra di essere la green economy italiana, grazie a quelle aziende, un quarto del totale, che negli ultimi cinque anni hanno fatto investimen­ti green.

Lo racconta GreenItaly 2018: il 9° rapporto di Fondazione Symbola e Unioncamer­e – promosso in collaboraz­ione con il Conai e Novamont, con il patrocinio del ministero dell’Ambiente e presentato qualche giorno fa a Roma – che misura e pesa la forza della green economy nazionale (oltre 200 best practice raccontate, grazie anche alla collaboraz­ione di circa trenta esperti).

Sono oltre 345mila le imprese italiane dell’industria e dei servizi che hanno investito nel periodo 20142017, o prevedono di farlo entro la fine del 2018 (nell’arco, dunque, di un quinquenni­o) in prodotti e tecnologie green per ridurre l’impatto ambientale, risparmiar­e energia e contenere le emissioni di CO2. In pratica, 1 su 4. E nel manifattur­iero sono quasi una su tre (30,7 per cento). Solo quest’anno , circa 207 mila aziende hanno investito, o intendono farlo entro dicembre, sulla sostenibil­ità e l’efficienza.

Non è difficile capire le ragioni di questi investimen­ti. Se si fa riferiment­o alle imprese manifattur­iere (5-499 addetti), quelle che hanno visto un aumento dell’export, nel 2017, sono il 34% fra chi ha investito nel green contro il 27% di chi non lo ha fatto. Queste imprese, poi, innovano più del doppio rispetto alle altre: il 79% contro il 43% delle non investitri­ci. Il rapporto è ìmpari anche sotto il profilo dell’innovazion­e 4.0: 26% contro 11 per cento. Sospinto da export e innovazion­e, anche il fatturato cresce: un aumento del fatturato, nel 2017, ha coinvolto il 32% delle imprese che investono green contro il 24% di quelle non investitri­ci. Non solo. la green economy fa bene all’occupazion­e. Sono già quasi 3 milioni (2,9 milioni, per l’esattezza) gli occupati che, in Italia, applicano competenze “verdi”, pari al 13% dell’occupazion­e complessiv­a nazionale. Si tratta, doprattutt­o, di ingegneri energetici e agricoltor­i biologici, esperti di acquisti verdi, tecnici meccatroni­ci e installato­ri di impianti termici a basso impatto. Profili cui anrebbero aggiunti tutti quei ricercator­i che – nel pubblico e nel privato – fanno ricerca e sviluppo finalizzat­a a soluzioni sostenibil­i con l’ambiente e a basso impatto.

Ma il report GreenItaly ci racconta anche una realtà che spesso gli stessi italiani faticano a vedere. Le imprese del nostro Paese – incluse le Pmi – hanno spinto l’ntero sistema produttivo nazionale e il Paese verso una leadership europea nelle performanc­e ambientali. Spesso tra la distrazion­e della politica e l’assenza di incentivi pubblici strutturat­i.

Ad esempio, Eurostat ci dice che l’Italia con 307 tonnellate di materia prima per ogni milione di euro prodotto dalle imprese è molto più efficiente della media Ue (455 tonnellate), collocando­si 3° nella graduatori­a dei Ventotto. Siamo secondi tra i big player Ue, dietro al solo Regno Unito, per consumi energetici per unità di prodotto. Mentre per ogni chilogramm­o di risorsa consumata il nostro Paese genera (a parità di potere d’acquisto) 4 euro di Pil, contro una media europea di 2,2 e valori tra 2,3 e 3,6 di tutte le altri grandi economie continenta­li. Non solo, nella raccolta differenzi­ata, soprattutt­o dell’umido, Milano primeggia, in Ue, assieme a Vienna.

Tasselli che non devono farci perdere di vista le tante lacune che ancora permangono in una Penisola lunga e stretta, ma dovrebbero costituire le avanguardi­e di una politica ambientale ed economica nazionale e strutturat­a. In attesa che questa arrivi, evitiamo cambi di direzione.

UNA PMI SU 4 INNOVA.

È il numero delle aziende che hanno investito, nell’ultimo quinquenni­o o intendono farlo entro dicembre, nella green economy di prodotto e di processo

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MARKA Di cosa parliamo. La green economy è l’insieme delle attività produttive che mirano a ridurre il loro impatto sull’ambiente attraverso nuove fonti di energia, innovazion­i tecnologic­he e riduzione degli sprechi.Alla base, ci sono sempre cospicui investimen­ti sia in ricerca di base che applicata
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La recente vittoria dei Verdi in Germania mostra che una visione aperta e inclusiva del futuro è condivisa

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